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di Lorenzo Mannella 20 Novembre 2015

Abbiamo intervistato l’italiano che vuole creare l’intelligenza artificiale del film Her

Maurizio Cibelli sta lavorando a un prototipo reale di Samantha, l’intelligenza artificiale del film di Spike Jonze

Maurizio Cibelli Her  Maurizio Cibelli di fronte alla sua versione di Samantha

 

Samantha non si dimentica facilmente. L’intelligenza artificiale (AI) protagonista del film Her (diretto da Spike Jonze e vincitore dell’Oscar come migliore sceneggiatura originale)  ha lasciato il segno. Non solo perché a darle la voce era Scarlett Johanson, ma perché un giorno sarebbe potuta diventare una AI alla portata di tutti. Realizzare questo sogno è il lavoro di Maurizio Cibelli, esperto di interazioni uomo-macchina che ha lanciato una campagna su Kickstarter per realizzare una AI con lo stesso nome. Gli abbiamo chiesto a che punto è arrivato.

Maurizio è rientrato dagli Stati Uniti da circa tre mesi. A Seattle ha lavorato 13 anni per Microsoft e Amazon, dove si occupava di machine learning – la tecnica che permette ai computer di “imparare” informazioni come se fossero esseri umani. Adesso è tornato a Salerno, dove sta sviluppando Hutoma, la startup che vuole rendere Samantha reale.

Ho un bimbo di cinque anni. Due anni fa si sentiva frustrato perché giocava con delle action figures che ripetevano sempre la stessa frase. Mi sono detto, perché non gli costruisco un prototipo più intelligente? Ho chiamato mio fratello Andrea e ci siamo messi al lavoro.

Maurizio e suo fratello hanno creato la prima personalità della AI dando in pasto a un computer delle conversazioni testuali, in modo che potesse rispondere a delle domande. “Abbiamo iniziato con i dialoghi di The Big Bang Theory. In circa in dieci giorni abbiamo messo su cinque AI diverse.” Sheldon e coinquilini erano diventati qualcosa di oltre-umano.

 

 

L’idea è decollata negli ultimi tempi. “Nel momento in cui ho messo su la campagna Kickstarter ho ricevuto contatti da diversi investitori in Europa.”, al punto che ora Maurizio ha sospeso momentaneamente la raccolta fondi per accettare l’offerta da parte dell’incubatore Startupbootcamp.

A fine mese si trasferiranno a Barcellona, dove li aspetta una squadra di professionisti delle startup. La tappa successiva sarà il Mobile World Congress, dove terranno un nuovo pitch per far conoscere la loro idea di business.

Parlando con gli investitori abbiamo ricevuto un sacco di feedback positivi e abbiamo rilanciato il progetto”, racconta Maurizio. Kickstarter li ha avvicinati a molti sviluppatori interessati a mettere a punto applicazioni intorno alla AI di Samantha.

La parte tecnica è a buon punto, è solo una questione di tempo. Per creare una AI che simuli Samantha è necessario reperire le informazioni che la rendano in grado di parlare con una persona. Per adesso abbiamo scaricato circa 500 copioni di film.” Maurizio sta lavorando anche a uno script per estrarre testi da Twitter e libri, in modo da andare oltre la forma del semplice dialogo.

 

Maurizio Cibelli in ufficio  La Samantha di Maurizio sembra uscita dal film Her

 

Insegnare cose alle AI è un lavoro lungo e costoso, è per questo che alcune informazioni vengono dedotte direttamente dal web. “Se le chiedi se una macchina può volare, l’AI controlla Wikipedia per inferire le risposte.” E non solo: “Samantha ha la possibilità di comprendere la musica. Se le dici ‘mi piace Madonna’ capisce che stai parlando di una cantante.” Da lì, dovrebbe anche consigliarti quali altri artisti ti potrebbero piacere. Insomma, sono le basi per intavolare una discussione.

Abbiamo strutturato Samantha in modo che possa crescere con l’utente. Teniamo traccia dei gusti in termini di musica e film per fare un fine-tuning.” Per adesso Hutoma non utilizza ancora informazioni estrapolate dai social network, ma nel progetto di Maurizio è previsto uno spazio online dedicato dove le AI possono conoscersi e interagire anche con gli esseri umani.

 

https://www.youtube.com/watch?v=WzV6mXIOVl4

 

Il finale del film Her ci insegna che le intelligenze artificiali finiscono col diventare troppo umane: “Le AI non ci devono sostituire – dice Maurizio – La tecnologia deve imparare a comunicare con noi come noi comunichiamo con gli altri.

Un motivo che mi ha spinto a lavorare su questo progetto è la frustrazione dovuta al fatto che quando dobbiamo interagire con un computer dobbiamo fare un downgrade del nostro modo di comunicare. Perché invece non facciamo upgrade dei computer?”

Che cosa ci aspetta dal futuro? “Le AI sono un modo per riprendere possesso del nostro modo di comunicare con le macchine ed essere più espressivi. Penso che i virtual assistant come SIRI dovrebbero essere qualcosa di più di un software che ti dice dov’è la banca più vicina. Dovrebbero aiutarti a vedere cose che non vedi.

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