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di Mattia Nesto 6 Giugno 2017

Che cos’è l’Adpocalypse e perché Youtube per come lo conosciamo rischia di sparire?

Panico tra gli youtuber per l’Adpocalypse. Ma di cosa si tratta precisamente? Abbiamo fatto il punto della situazione

 

Che cosa sta succedendo a Youtube e in particolar modo a Youtube Italia? Da circa un mese a questa parte infatti sempre maggiori video e yotuber anche di casa nostra sono come in preda al panico per la chiusura del loro canale o quantomeno per una  sua profonda e radicale modificazione. Il motivo scatenante di tutte queste paure è la cosiddetta Adpocalypse di Youtube.

 

 

 

La parola Adpocalypse è un termine coniato da alcuni giornali e siti d’informazione americani che fonde le parole advertising, cioè pubblicità con apocalypse, ovvero apocalisse. Indica un fenomeno che, estremizzando le cose, può essere pensato come il frutto di una maggiore attenzione rispetto ai contenuti che circolano su Youtube.

A seguito infatti di numerosi video caricati sul canale con contenuti giudicati non graditi o immorali, come ad esempio istigazione alla violenza, proselitismo nei confronti del terrorismo e simili,  molti media e testate hanno lanciato una vera e propria crociata contro Youtube. La mole immane di contenuti che ogni giorno viene caricata sul canale impedisce un controllo umano e perciò i gestori del sito hanno iniziato ad utilizzare un nuovo algoritmo che, attraverso l’identificazione di parole, temi, musiche o suoni contenuti nel filmato, automaticamente lo cataloga tra i video buoni e che possono essere trasmessi ovunque e i video cattivi, cioè quelli che senza l’obbligo di cancellazione e di intervento delle Forze dell’Ordine per infrazioni alla legge,  non possono essere catalogati come fruibili a tutti.

 

 

Ovviamente questi video non adatti a tutti riceveranno anche meno introiti pubblicitari, finendo nel girone infernale dei video con restrizioni. Come  significa che un video con restrizioni riceverà molte meno visualizzazioni e quindi introiti. Questo fatto è confermato anche dalla notizia secondo la quale numerosi degli sponsor che puntualmente fanno pubblicità su Youtube, tra cui grandi, grandissimi marchi e brand mondiali, sono stati tra i capofila (forse i reali esecutori) di questa ondata moralizzatrice.

Fin qui nulla di strano: se in un video si afferma che lo Stato Islamico è la soluzione  a tutti i problemi e che i terroristi di Londra o di Manchester sono dei paladini della giustizia, è più che giusto che il dato filmato venga bloccato e l’autore segnalato alle Autorità competenti.

 

 

Ma cosa succede quando uno yotuber si mette a parlare della guerra in Siria, dei suoi effetti sulla politica e sulla vita di tutti i giorni e perché sia bene sapere di cosa si tratti e informarsi e il suo video venga bloccato perché i contenuti ritenuti non idonei?

Non si sta facendo apologia di terrorismo né si istiga alla guerra: si sta facendo solo informazione o magari un’inchiesta sulla poca resistenza alle armi da taglio dei giubbotti delle forze di Polizia inglese (cosa realmente accaduta). Bene, video di questo tenore, che se apparissero sui giornali o in televisione o in qualsiasi altro media tradizionale sarebbero trasmessi senza problemi, su Youtube da ora in avanti incontreranno certamente grossi problemi di visibilità e quindi i loro autori, di conseguenza, avrebbero i propri introiti fortemente diminuiti.

Viceversa, in un filmato ricolmo di bestemmie, basterebbe inserire nella catalogazione parole innocue come “pace, amore o cuore” e il video passerebbe indenne l’esame dell’algoritmo.

 

 

Come ampiamente illustrato da youtuber italiani quali Quei due sul server o sul canale Breaking Italy l’introduzione di questo nuovo algoritmo mette realmente a repentaglio l’esistenza di Youtube per come lo conosciamo oggi. A conti fatti si tratta di una forte, fortissima limitazione non soltanto alla creatività ma anche alla rosa degli argomenti trattati senza avere in cambio una reale sicurezza sui contenuti trasmessi.

La soluzione è ancora di là da venire (alcuni hanno scelto di emigrare su Patreon, un sito che vive delle donazione degli utenti che guardano e seguono i video) come lontani sono gli effetti concreti anche se, nella breve durata, numerosi content creator del canale hanno denunciato sensibili cali dei propri guadagni.

Forse, in questa situazione sempre più difficile e ormai a dieci anni dalla “reale” fondazione di Youtube Italia, le parole migliori le ha dette Yotobi, guarda caso proprio uno degli Youtuber più amati e seguiti del Paese, nell’ultimo suo video: “Noi Youtuber abbiamo la data di scadenza scritta nel retro del nostro culo: è solo questione di tempo. Per questo motivo, non avendo realmente delle vere e proprie esperienze, conviene ingegnarsi per fare qualcos’altro. Anche semplicemente da qualche altra parte“.

 

 

 

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