Una fa presto a dire Pisa: Piazza dei Miracoli, il Duomo con le colonne bianco e nere, il Battistero dai portoni immensi e, naturalmente, la Torre Pendente, simbolo stesso della città toscana (a cui The Zen Circus, con una buona dose di ironia, hanno dedicato una canzone proprio nel loro ultimo album). Eppure, sempre in Campo dei Miracoli, c’è anche un quarto punto di interesse che è sempre un po’ sfigato e meno gettonato dai flussi del turismo di massa. Stiamo parlando del Camposanto Monumentale, la cui edificazione risale al 1278. All’interno di questo cimitero davvero bellissimo e pieno di scorci che meritano più di una visita, è conservato uno degli affreschi in assoluto più inquietante di tutti i tempi, ovvero il cosiddetto Trionfo della Morte attribuito al grande artista fiorentino Buonamico di Martino detto Buffalmacco.
Forse qualcuno di voi, a meno che non sia un dottarando o un ricercatore di storia dell’Arte, di Lettere e affini, può avere già sentito il nome di Buffalmacco da qualche parte e più precisamente all’interno del Decamerone di Boccaccio. Buffalmacco infatti è uno dei protagonisti delle tante storie di quell’incredibile e molto divertente libro. Il fiorentino fino a relativamente poco tempo fa era considerato soltanto come un personaggio letterario, eppure, proprio grazie alle scoperte effettuate sull’affresco del Camposanto di Pisa, gli è stata tributata una reale esistenza e il giusto onore.
Il ciclo del Trionfo della Morte è un affresco pazzesco: innanzi tutto è completamente differente da qualsiasi affresco di Giotto e dei suoi allievi. Se Giotto infatti geometrico, preciso e realizzava opere ordinatissime, lo spazio di Buffalmacco è disorganizzato, vulcanico, un gran casino di corpi di dannati, cavalieri senza macchia che combattono orride bestie, diavolocci che rubano anime di candidi bambini e angeli dalle ali policrome che solcano il cielo.
La cosa che impressiona nell’opera di Buffalmacco è il suo carattere da un lato estremamente realistico e ricco di dettagli e, dall’altro, anche una certa natura un po’ scanzonata, sicuramente grottesca e fumettistica. Come non dare del fumettistico ad una scena come quella che occupa la parte inferiore sinistra, nella quale si possono osservare un gruppo di cavalieri che, incuranti del monito del monaco di turno, vanno a vedere che diamine sta succedendo in questo giorno dell’Apocalisse.
I cavalieri, tutti quanti descritti con dovizia di particolari, di fronte ad una tomba scoperchiata ed ad un, più o meno allegro, cadavere/scheletro che se ne esce fuori cosa fanno? Si portano il fazzoletto al naso, a significare l’olezzo di putrefazione e la puzza di morte che doveva emanare lo scheletro sopra citato. Una vignetta degna di una grande graphic-novel non trovate?
Come scrive in un libro fondamentale Luciano Bellosi, il Trionfo della Morte pisano rappresenta l’altra faccia del Rinascimento, molto distante dall’immagine un po’ idealizzata e un po’ perfettina che la scuola ci ha consegnato. In realtà molti artisti, se non tutti, erano uomini estremamente calati nel proprio tempo, con vivide e urticanti passioni e pulsioni che poi trasmettevano nelle proprie opere. Insomma andare a visitare il Camposanto Monumentale di Pisa (oltre la somiglianza dell’edificio toscano, da un punto di vista cromatico e architettonico, con la Minas Tirith descritta dal regista Peter Jackson ne Il Signore degli Anelli) vuol dire fare letteralmente un salto nel celeberrimo corto del 1929 di Topolino, intitolato Haunted House, meglio noto come “La ballata degli scheletri”. E non dite che anche da voi da piccoli non siete rimasti traumatizzati (oppure vi siete innamorati al primo colpo) da quel ballo tanto spaventoso.