La serie dell’anno, poco da dire. Rimandata più volte, presentata con aspettative altissime, Westworld ha compiuto un mezzo miracolo: non solo non ha deluso, ma ha pienamente soddisfatto le attese. HBO, il network statunitense che l’ha prodotta, voleva proporre una serie tv di livello altissimo, che potesse alzare l’asticella e che fosse potenzialmente in grado di prendere il posto di Game of Thrones al centro del mondo seriale al termine della serie fantasy tratta da George Martin. Tutti obiettivi centrati, perché Westworld non è solo la miglior serie dell’anno, ma anche un titolo che cambia tutto il panorama televisivo.
A livello base, Westworld è una serie ambientata in un parco a tema western “dove tutto è concesso”, come recita il sottotitolo scelto da Sky Atlantic HD, canale che ha trasmesso in Italia la prima stagione in contemporanea con gli Stati Uniti. All’interno del parco si trovano infatti dei robot programmati per seguire in loop degli archi narrativi che si intrecciano con l’esperienza dei visitatori: ogni turista può disporre nel modo che preferisce delle attrazioni, dando sfogo alla propria parte oscura e più violenta, spingendosi fino a stupri e omicidi.
Un’ambientazione molto forte, che acquista ulteriore potenza nel momento in cui i robot iniziano a prendere coscienza di sé e della propria (non) esistenza. Loop dopo loop, qualcosa cambia, qualcosa inizia a incrinarsi nel perfetto funzionamento del parco, aprendo la strada a una storia avvincente, tutta concentrata sul labilissimo confine tra umano e meccanico, mischiando in continuazione le carte. Westworld non è una serie semplice da seguire: personaggi (umani e non) che cambiano costantemente e spesso vengono del tutto ribaltati in quanto a psicologia e intenzioni, una cronologia che fa di tutto per essere poco intelligibile. A fronte di questo sforzo, però ripaga con un’intensità rara e con colpi di scena continui, sostenuti da una sceneggiatura di millimetrica precisione e da un cast all star, in cui spiccano Anthony Hopkins nei panni del creatore del parco e Thandie Newton, che interpreta uno dei robot.
Tema e struttura della serie sono molto stimolanti, ma l’aspetto in cui Westworld eccelle rispetto al resto delle serie è il modo in cui cerca di coinvolgere lo spettatore, che non è più un semplice spettatore. A cominciare dai siti ufficiali DiscoverWestworld.com e Delos (che in Italia reindirizza malauguratamente al sito di Sky), dove gli utenti sono stati spinti a curiosare e trovare contenuti aggiuntivi e alternativi a ciò che accadeva nelle puntate, passando per la partecipazione diretta del creatore Jonathan Nolan alle mille teorie interpretative elaborate dai fan su Reddit e in vari gruppi Facebook (se ne cercate uno italiano, eccolo, ma ovviamente occhio agli spoiler), Westworld ha portato a un nuovo livello la partecipazione dello spettatore. L’unico precedente di questa portata è proprio Game of Thrones, dove i fan hanno sviscerato ogni inquadratura delle puntate come mai prima, ma con Westworld l’approccio degli spettatori è stato ancora più appassionato e, in un certo senso, aggressivo, come se il vero piacere non fosse seguire le puntate, ma provare ad anticiparle.
Se da anni le serie tv hanno fatto un salto di qualità innegabile e senza precedenti, con Westworld abbiamo assistito a un cambio di paradigma radicale, che apre la strada a un nuovo tipo di esperienza televisiva. E siamo solo all’inizio.