Mentre uscivo dal cinema dopo aver visto Sono Tornato, il film di Luca Miniero con Massimo Popolizio, Frank Matano e Stefania Rocca sul ritorno di Benito Mussolini nel 2017 in Italia, alle mie spalle c’erano due ragazzi sui venticinque anni. Uno dei due fa: “Oh, ma guarda che quelli intervistati sono persone normali, mica attori” e l’altro risponde: “Incredibile, ci sono ancora”. Ho tirato un sospiro di sollievo, perché sono uscita dalla proiezione con il terrore nel cuore, il terrore di chi è cresciuto con calendari e bustini del Duce per casa neanche trent’anni fa. Ha detto bene il ragazzo, ci sono ancora, quelli che nelle interviste del regista Luca Miniero dicono che ai tempi si stava meglio, anche se ai tempi fisicamente non c’erano neanche.
Sono tornato è l’adattamento italiano di Lui è tornato, film tedesco del 2015 in cui si immaginava la Germania alle prese con la resurrezione di Adolf Hitler. Miniero lo trasforma nella resurrezione di Benito Mussolini, che piomba dal cielo e si intrufola nella società odierna facendosi passare per un comico satirico. Dopo lo shock iniziale del trovarsi in una Roma popolata da immigrati di prima e seconda generazione, coppie gay immuni dalla deportazione e tecnologia, Mussolini si guadagna il favore degli italiani a colpi di media, riportando a galla una spaventosa nostalgia della dittatura.
L’operazione messa in atto da Miniero funziona nonostante il film non sia perfetto al 100%. Qualche piccolo intoppo dovuto alla recitazione o al trattamento macchiettistico di alcuni personaggi non rende comunque Sono tornato meno necessario, perché, come dice Mussolini stesso con la voce e con l’interpretazione di Massimo Popolizio, “Il problema degli italiani è la memoria”. Sono tornato e il suo corrispettivo tedesco sono indispensabili nella loro dualità, sono un paio perfetto, da vedere uno dopo l’altro per rendersi conto che il fascismo non era così diverso dal nazismo, perché non c’è un assassino meno assassino di un altro.
A rendere più inquietante l’incubo fanta-politico di Sono tornato è la sua spietata plausibilità, l’uso di discorsi di propaganda che non faticheremmo a sentire in tv anche oggi. Discorsi sulla patria, sulla purezza della razza, sull’indipendenza. Tutto piuttosto attuale. E se il Duce del 2017 viene stigmatizzato nel momento in cui passa dalla teoria all’azione, bastano dieci minuti di baggianate retoriche per far scomparire immediatamente il rancore e lo sdegno di poco prima. Di nuovo, problemi di memoria. Sono tornato dovrebbe spaventarci a morte, farci urlare di indignazione e vergogna, perché quando pensiamo che non sia possibile che vinca ancora quel tipo di follia, ci torna in mente che si diceva “impossibile”, “non succederà mai”, “dice solo cose assurde” anche di Donald Trump. E sappiamo tutti come è andata a finire.