(-C2H4-)n: se gli anni ’80 e ’90 dovessero essere rappresentati con una formula chimica senza dubbio sarebbe questa. Si tratta infatti del polietilene, una delle componenti plastiche più diffuse nel mondo. Di questa sostanza sono formati la stragrande maggioranza dei giocattoli della nostra adolescenza: dalle bambole ai dinosauri, dai mostri di qualche cartone animato alle action-figure, tutto il mondo infantile sa, in larga misura, di polietilene. E quasi come una sorta di testamento biologico o, per meglio dire, di canto del cigno di questa stagione molto analogica, si può leggere Small Soldiers , film del 1998 diretto da Joe Dante.
Vi sono due gruppi di giocattoli eterni avversari: nell’angolo rosso il Commando Elite, guidato dal Maggiore Chip Hazard, un manipolo di soldati(ni) pronti a tutto pur di dare la caccia e catturare i Gorgonauti, posti all’angolo blu, specie aliena e misteriosa il cui capo è Archer. Le due squadre avversarie sono create ad hoc dalla potente multinazionale Globotech: per rendere questi prodotti più stuzzicanti sul mercato, i responsabili del progetto inseriscono nei giocattoli un microchip militare che dona intelligenza artificiale, arditezza e capacità di ragionamento. I giocattoli, così modificati, si verranno a scontrare, sullo sfondo di una tranquilla cittadina di provincia americana, intrecciando le loro vicende con quelle di Alan Abernathy, protagonista della storia.
Questa è la trama in soldoni, ma quello che c’è dietro è molto di più. Innanzi tutto c’è lo scontro tra la logica machista e guerrafondaia dei soldatini e quella pacifista ed ecologista degli alieni, che non farebbero male ad una mosca: anche se entrambi i gruppi sono programmati per scontrarsi, appare evidente come l’equazione Commando Elite= marines americani e Gorgonauti = nativi/pellerossa scatterebbe anche nel più ottuso dei cervelli. In fondo che cosa vi ricordano i Na’vi di Avatar se non la ritualizzazione di questo secolare concetto?
Lungi da noi voler fare paragoni blasfemi ma se solo tre anni prima, ovvero nel 1995, avevamo esplorato il mondo dei giocattoli quando gli umani sono a riposo con Toy Story, scoprendolo come un mondo tutto sommato pacifico anche se non privo di contrasti, il mondo di Small Soldiers è un mondo violento: si vedono soldatini che, letteralmente, sparano chiodi nelle gambe dei bambini, danno fuoco alle case, tengono in ostaggio delle persone e sono come mossi da un folle istinto battagliero, praticando perfino la guerra psicologica, come in Vietnam, con “Wannabe” delle Spice Girls sparato a tutto volume dalle casse. Non è proprio una cosa così comune un film da per bambini mostrare una scena, che ricorda un po’ I Viaggi di Gulliver, in cui un gruppo di bambole mutanti lega ed imbavaglia una ragazzina con, come sottofondo, “Heartbreaker” dei Led Zeppelin.
Ci sono poi altre chicche, come dei rimandi e delle citazioni dirette ai due film dei Gremlins , il cui regista, Joe Dante, è lo stesso: non soltanto le già ricordate scene delle bambole trasformate che ricordano molto da vicino le scene di mutazione degli esserini del film di culto anni ’80, ma anche la password/nickname che utilizza uno dei programmatori di giochi per inserire nei prodotti il microchip militare ha a che fare con quel mondo. Il nick è infatti Gizmo, lo stesso nome del Gremlin buono. In più, in maniera velata, si affronta anche la tematica relativa all’intelligenza artificiale, con le creature che si ribellano e, per un errore di programmazione, si ribellano ai propri stessi creatori: se state pensando che siamo dalle parti di un Westworld ambientato in un Toys Center non siete poi così lontani.
Infine, oltre al finale “sì-global”, con il magnate della Globotech che, a furia di cospicui assegni, mette a tacere tutte le persone coinvolte e dimostrando tutta la real politik dell’epoca clintoniana, non bisogna scordarsi che, in questo film, si può ammirare una, come sempre, bellissima Kirsten Dunst, alias Christy Fimple l’amica di Alan. La fuga dei due ragazzi in motorino (e di motorini anni ’90 ne abbiamo parlato anche qui) dai soldati del Commando Elite che li inseguono a bordo di tosaerba è qualcosa di speciale in fondo.
Small Soldiers è quindi la plastica dimostrazione di come Sergio Endrigo si sbagliasse quanto cantava “per fare tutto ci vuole un fiore”: forse andava bene per prima ma negli anni ’90 per fare tutto ci vuole solo e soltanto il petrolio, a partire dal polietilene dei nostri giocattoli e, forse, del nostro cuore.