TV e Cinema
di Mattia Nesto 3 Ottobre 2022

Siccità: l’Avengers Infinity War della commedia all’italiana

Siccità, il nuovo film di Paolo Virzì, mette in piedi una squadra impressionante di attrici e attori. Ed anche una storia coinvolgente.

Siccità è un film che parla della nostra contemporaneità  Siccità è un film che parla della nostra contemporaneità

Definire Siccità di Paolo Virzì come un “kolossal all’italiana” non è solo sbagliato ma anzi trova un perfetto senso nella mise en place di questa, titanica per il nostro cinema, produzione. Prima ancora della storia, molto acuta, della trama, ben sviluppata fino (quasi) alla fine e del cast, composto praticamente da una selezione delle migliori attrici e attori italiani, è il respiro di Siccità a impressionare. Un film “di grandi dimensioni”, con protagonista Roma, una Roma colta in una spaventosa crisi idrica: là dove scorreva “il biondo Tevere” ora c’è solo terra e sabbia, e rifiuti ovviamente. Paolo Virzì, vero e proprio maestro nel rendere “i temi difficili” delle “questioni semplici” realizza una specie di “Avenger Infinity War all’italiana”, un “Don’t Look Up de’ Borgata”, “Una giornata particolare senza Nazifascismo” ma con un afflato ecologista.

 

In questa vero e proprio caravanserraglio di situazioni e storie, alcune emergono con grande forza e evidenza: per esempio tutta la “sottotrama” della crisi pandemica, unita a quella idrica, incarnata dalla dottoressa interpretata da una, bravissima, Claudia Pandolfi lascia, ovviamente, un sapore di “inquietante familiarità” per tutto il periodo del Covid che abbiamo vissuto in questi anni. Virzì con abilità, e senza farcelo pesare troppo, riesce a far comprendere al grande pubblico come la questione ambientale/ecologica sia unita, strettamente, alla nostra stessa sopravvivenza su questo Pianeta Blu: senza un ambiente sano non vi è, passatemi il gioco di parole, una salute condivisibile per tutta la specie umana.

MVP di Siccità il solito, incredibile, Valerio Mastandrea  MVP di Siccità il solito, incredibile, Valerio Mastandrea

Anche la storyline del tassista (ma sarebbe da definire meglio come “uberista”) interpretato da Valerio Mastandrea è una grande storia, con questo personaggio decadente e nichilista, totalmente disilluso nei confronti della società e che va avanti, giorno dopo giorno, arrabattandosi alla meno peggio. Vive di espedienti questo “tassinaro”, con una matrimonio naufragato alle spalle, due genitori scomparsi che ancora incombono su di lui, una figlia che lo adora e, infine, il suo vecchio datore di lavoro, il “fu” Presidente del Consiglio, che non lo lascia da solo. Pure la coppia Tommaso Ragno e Elena Lietti “funziona” che è una meraviglia. I due interpretano la classica famiglia “de sinistra” romana, radical-chic fino al midollo ma che, nonostante la presunta “superiorità morale e ideologica” non rinuncia a scostarsi da quanto professano. Ragno, attore in declino, si reinventa come vero e proprio “guru dei social”, stando attaccato tutto il giorno al tablet mentre fuori Roma Brucia, mentre Lietti, tenta di trovare nuove emozioni con un vecchio compagno di liceo.

Siccità, con un inizio senza respiro e una parte centrale densissima di avvenimenti, è anche abilissimo a “flirtare” con più generi cinematografici: c’è naturalmente il disaster-movie, praticamente quasi mai frequentato dal nostro cinema, ma anche la commedia, com’è giusto che sia senza dimenticare il lato più allarmante, ovvero il thriller che, verso la fine, si para davanti agli occhi della spettatrice e degli spettatori. Ancora una volta Virzì si conferma come uno dei migliori registi in circolazione in grado di maneggiare “il capitale umano” della nostra società. Solo, o quasi, Virzì è in grado di mettere in piedi un racconto realistico delle persone che vivono nelle nostre strade: senza troppi stereotipi ma con tanta concretezza. Siccità, però, non è un film esente dai difetti: e paradossalmente “nascono” proprio da questi punti di forza. Ah dimenticavo: Emanuela Fianelli rivelazione totale del film, bravissima!

Aver voluto inserire tante storie, sottotrame e personaggi secondari, se non terziari, può stordire la spettatrice o lo spettatore meno attento e le mancate risoluzioni di molte di queste aggiunte fa storcere un po’ il naso. La vicenda principale di Siccità è sicuramente potente e raccontata in modo convincente: anche la CGI impressiona, specialmente nella descrizione del letto del Tevere senza acqua, peccato che caschi, mi si perdoni il termine, quando ci mostra un gruppetto di cinghiali che anche nel 1996 sarebbero sembrati posticci. Un peccato perché questo film rimane un altro grande capitolo nella carriera di uno dei registi italiani più importanti degli ultimi anni. Al netto dell’episodio “arricchito”, fra mille virgolette,  da Monica Bellucci, Siccità commuove, diverte e fa riflettere. Tutti gli ingredienti giusti, insomma, per la ricetta della grande commedia all’italiana.

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