Un festival cinematografico è un posto strano, frequentato soprattutto da cinefili appassionatissimi, la cui idea di felicità è rinchiudersi per giorni e giorni in una sala, passando senza sosta da film a film, dalle 9 di mattina a tarda notte.
Certo, ovviamente c’è anche il pubblico classico, che paga un biglietto, guarda un film e torna a casa, ma il cuore dei festival di cinema sono gli accreditati, quelli che sognano di non vedere mai la luce del sole per giorni e giorni.
Prima di iniziare è necessaria una piccola premessa. Al Festival di Venezia, il mondo degli accreditati è diviso in caste rigidissime, tutte basate sul colore dell’accredito: rosso, blu, giallo, verde. I primi tre sono riservati a giornalisti e addetti ai lavori: rosso e blu sono quelli del potere, quello giallo è un po’ più sfigato (ehi, è il mio!), ma comunque garantisce l’accesso a tutte le proiezioni. Quello verde è per i semplici appassionati: studenti, fanatici, membri di associazioni, di tutto di più.
Giornalisti e addetti ai lavori fanno file piuttosto brevi ed entrano sempre, chi ha l’accredito verde di solito fa file lunghissime e spesso resta fuori. E su questa differenza si basa un gioco di tensione degno del miglior De Palma. E Venezia72, ovvero l’edizione 2015 del Festival non ha fatto eccezione.
Con l’aiuto delle foto di Silvia Rossi, ecco allora i sette personaggi tipici di Venezia, quelli che troverete ogni anno in fila fuori da una sala o con un tramezzino in mano.
L’estremista nerd
Accredito rigorosamente verde, di solito studente universitario. È quello che si mette in fila per proiezioni a cui non riuscirà a partecipare. Per tutta la durata dell’attesa parla con i suoi simili distruggendo tutto quello che ha visto al festival, rimpiangendo tempi lontani che lui non ha vissuto perché arriva a fatica ai 25 anni. Quando non riesce a entrare in sala, ripiega sulle proiezioni dei grandi classici restaurati, così il giorno dopo potrà dire ricominciare a lamentarsi del cinema contemporaneo. Frase topica: “Vabbè, ma vuoi mettere con Eisenstein?”
Il giornalista sfatto
Accredito rosso o blu, tra i 30 e 45 anni. È sfatto, completamente. Sveglia presto per la proiezione delle 8:30, subito recensione scritta al volo, poi in conferenza stampa, pezzo da scrivere o video da montare, poi di corsa a fare qualche intervista, ma occhio che è il momento del red carpet e poi dai, che c’è da vedere l’anteprima notturna. Il festival dura due settimane, ma per lui sono due lustri. Frase topica: “Scusa ma devo scappare, ho un’intervista con il regista vietnamita. Non c’è l’interprete, ma parla un dialetto che è simile al bulgaro: dovrei capirlo, no?”
Il giornalista arrivato
Accredito rigorosamene rosso, over 50 anni. Viene a Venezia dagli anni ‘70, quando ha firmato il contratto d’oro con il quotidiano/settimanale/periodico per cui lavora senza interruzioni da decenni. Guarda due film al giorno, viene invitato ogni sera a cena da qualche produzione o associazione. Scrive poco e solo su cose grosse. Per il resto c’è il giornalista sfatto. Frase topica: “No, il prossimo non lo vedo, non ce la faccio. Ma stasera c’è la cena del sindacato sceneggiatori albini ambidestri? Imperdibile!”
L’eroe
È il vero mito del Festival. Non ha accredito, non ha biglietto, probabilmente non vedrà nemmeno un film. Ma è un eroe: è uno di quelli che si piazzano di primo mattino accanto al red carpet e non staccano più per le dieci ore successive. Se i festival continueranno a esistere e non diventeranno delle grandi occasioni di streaming e poco più. buona parte del merito sarà loro. Fotografano tutti, si fanno fare l’autografo da tutti, strillano per tutti. Se non è democrazia questa. Frase topica: “Boh, non so chi è, ma mi ha fatto l’autografo” (di solito è un mostro sacro del cinema e questo provoca la rabbia dello snob, vedi sotto).
Lo snob
I festival sono tra i rari momenti in cui registi e attori cinematografici incontrano il pubblico. Logico che, durante le presentazioni in sala o i red carpet, ci sia una ressa di gente che fotografa, applaude urla. Logico e sacrosanto. Lo snob, però, non ce la fa ad accettare queste manifestazione di entusiasmo nazionalpopolare: se è in sala quando entra il cast non applaude; se passa accanto al red carpet mentre qualcuno sta sfilando, si gira dall’altra parte sbuffando. Frase topica: “No, non so chi sta sfilando, Perché? Ti interessa?”.
L’appassionato agée
Mi sbilancio: insieme all’eroe è la mia categoria preferita. Si tratta di persone in pensione che si prendono l’accredito verde e si fanno una indigestione di film. Sono tra i migliori perché hanno raggiunto il Nirvana: non devono dimostrare niente a nessuno, non hanno aspirazioni particolari, sono al festival solo per divertirsi. Super. Frase topica: “Dici che non riusciamo a entrare? Pazienza, andremo in spiaggia”.
Il sofferente
Ho parlato nella premessa del rigido sistema di caste del festival, una divisione che viene sottolineata da ogni fila e da ogni transenna pre-proiezione. Il sofferente è quello che odia tutti quelli che appartengono a una casta superiore. Ovviamente si tratta di persone che soffrono nel vedere che gente più giovane o della loro età è in una corsia più privilegiata. Di solito manifestano la loro sofferenza attraverso sguardi di disprezzo, mentre si girano dall’altra parte e nascondono il colore del loro accredito (giuro!). Sì, la vivono davvero molto male. Frase topica: “Un giorno tutto questo sarà mio!”
Bonus: il romano
In qualsiasi punto del Lido, mettiti in piedi, allarga le braccia e inizia a roteare su te stesso: è matematico che in quell’area troverai qualcuno di Roma. Delegazioni, addetti ai lavori, uffici stampa, marketing. Chiunque. L’esperienza del festival e della privazione della luce del sole è straniante, ma sapere di essere a Venezia e sentire solo l’accento romano accentua la sensazione di essere fuori dal mondo in modo irreversibile.