TV e Cinema
di Mattia Nesto 18 Febbraio 2024

Past Lives: this modern love

Past Lives è, semplicemente, un esordio alla regia clamoroso, un film stupendo e un esempio di come scrivere e sceneggiare un’opera al cinema.

Quando verso il finale di Past Lives, il, bellissimo, esordio alla regia di Celine Song (per altro candidato all’Oscar come miglior film) c’è quella scena di campo-controcampo, talmente classica che in mano a un’altra regista sarebbe potuta essere banale, e invece è sublime, che capisco, una volta di più quando quest’opera sia, proprio come ha detto Benicio del Toro, “uno dei migliori esordi degli ultimi vent’anni”. Già perché questo film, come gli incantamenti più potenti, consta di pochi elementi: c’è una lei, una ragazza coreana e c’è un lui, un ragazzo coreano, che dopo essersi “trovati molto simpatici” da piccoli per ragioni che solo la sorte potrebbe spiegare (la famiglia di lei decide di emigrare prima in Canada e poi negli Stati Uniti) si perdono nei flussi della vita. Eppure quel legame, qualcuno che non vorrebbe “bestemmiare in chiesa” potrebbe pure dire “quel filo rosso del destino” non si recide e in svariati modi, alcuni digitali altri “de visu”, si ritrovano.

Lo so, ho avuto l’identica vostra sensazione: la trama non è che sia granché, anzi, pare quasi una versione adulta di Your Name. In realtà non è troppo sbagliato definirla così, con l’aggiunta di una versione filmica di Modern Love dei Bloc Party o una specie di Lost in Translation di Sofia Coppola al contrario. Infatti invece di trovarsi in mezzo, appunto, a un processo di vita “altrove” ci troviamo davanti a “due vite” che nonostante paiono essere fatte l’una per l’altra, non possono, almeno in questa vita, stare assieme. Nell’incredibile interpretazione attoriale di Nora/ Greta Lee e di Hae Sung/Teo Yoo, infatti, si spiega qualcosa che, magari, anche molti di voi hanno sperimentato sulla propria pelle: ovvero conoscere, magari da molto piccoli, una persona, starci così tanto bene da parere impossibile vivere senza eppure, proprio a causa della propria di vita, dover essere costretti ad andare o, in alternativa, a lasciarla/o andare.

Questo concetto centrale del film, che si potrebbe riassumere con la parola destino o forse ancora meglio con il termine greco anake (se non facesse troppo Notre Dame de Paris) è espressa perfettamente, a più riprese anche in questa nostra storia, dal vocabolo coreano 인연, traducibile come “provvidenza” o se preferite “gioco del destino”. Ecco questo è il concetto su cui ruota il film, un film girato con una cura e una perfezione rarissimi per un esordio: vi ho voluto mostrare la scena in cui i due ragazzi coreani si ritrovano a New York per farvi vedere non soltanto la qualità, somma, della fotografia, ma anche come la regia, pur non risultando mia chiassosa o “presente per voler essere presente”, è assolutamente magnifica, con quel gioco di simmetrie, di specchi riflessi e di rime visive che ho trovato sorprendente. La recitazione, per tornare poi sull’argomento, in Past Lives è, anche qui, su ottimi livelli, con i due attori protagonisti che ci paiono, sul serio, due figure reali sullo schermo,

La New York qui descritta, infine, è davvero di scintillante bellezza e quando, ad un certo punto, scoppia un violento temporale e i nostri protagonisti si ritrovano, un po’ loro malgrado, ad esplorarla sotto una fitta pioggia, certi vibrazioni del miglior Woody Allen tornano a galla. Eppure, al contrario diciamo di un certo, magnifico eh, cinema di maniera qui le situazioni non sono mai forzate, anche la figura del “ragazzo americano”, “lo scrittore ebreo di New York” l’ho trovata sublime, oltre che dannatamente umana. Nonostante un pizzico di lentezza di troppo nella parte centrale, comunque voluta dalla regista, Past Lives è un regalo che vi potete e dovete fare: se è vero che amare vuol dire anche sapere quando lasciare andare, in questa o in quest’altra vita, questo film è bellezza allo stato puro hic et nunc.

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