La locandina di un film serve a farci venir voglia di andare al cinema. In una singola immagine, deve essere concentrato tutto ciò che il film ha da offrire, le sue più peculiari caratteristiche e i suoi punti di forza. Quando una locandina è fatta bene, quell’immagine riesce davvero a convincerci della validità del suo soggetto e magari riesce anche a conquistarsi un posto sulle pareti di casa.
Il 1° marzo 2018 esce in Italia Lady Bird, diretto da Greta Gerwig, reduce da uno straordinario bagno di consensi negli States e attualmente in corsa per i Premi Oscar con cinque candidature, compreso Miglior Film e Miglior Regia. Il poster ufficiale di Lady Bird è estremamente semplice, un perfetto riassunto visivo di cosa ci aspetta.
Lady Bird è il ritratto di una ragazza alla ricerca della propria identità e del proprio futuro, lontano dal liceo cattolico dove ha studiato, lontano dalla periferia di Sacramento e lontano dalla propria famiglia, che non le riconosce l’unicità che lei è convinta di possedere. La fame di gloria e riconoscimenti fa di Lady Bird, il cui vero nome è Christine, un personaggio egocentrico, per cui raramente facciamo il tifo e che sguazza nella solitudine tipica di chi si crede migliore degli altri. Il suo sogno è quello di fuggire verso le infinite possibilità di New York, verso l’arte e la libertà di espressione che viene vista con sospetto dalla madre e dal suo ambiente scolastico. Non tanto per bigottismo o per deliberata cattiveria, quanto perché in realtà del talento di Lady Bird ancora non c’è conferma, se non nella testa della stessa Christine.
La locandina di Lady Bird riflette fedelmente la centralità della sua protagonista, che campeggia infatti indisturbata sulla quasi totalità dell’immagine. La ragazza è al centro del proprio universo, è l’unica messa a fuoco, ma è anche terribilmente sola. Dietro di lei lo spazio negativo è interrotto solo dalla macchia indistinta di un crocifisso e da una platea di volti irriconoscibili.
In questo modo la religione e gli essere umani sono ugualmente sacrificati in nome dell’auto-affermazione di Christine, che fa a meno di genitori, di amici e di Dio, al quale sbatte anche in faccia un nome che si è scelta da sola per dominare su ogni aspetto della propria vita. Nonostante la volontà di essere artefice unica del proprio destino, Lady Bird vive comunque all’interno di una cornice, colorata e vivace, ma pur sempre una cornice, sintomo degli odiati limiti che rifiuta con tanto slancio. A tarpare le sue ali ci sono le preoccupazioni della madre, la mancanza di indipendenza economica, la tendenza all’omologazione del Cattolicesimo, che traspare anche dal font utilizzato per il titolo, un gotico dal sapore vintage da romanzo cavalleresco.
Il modo in cui Lady Bird è presentata nella locandina del film ci parla della sua vocazione alla grandezza. Il suo profilo invade la scena con la magnificenza dei ritratti rinascimentali di Piero della Francesca, che nel corso del XV secolo catturava con la linea del profilo tutto il potere e la rilevanza culturale dei grandi nobili italiani. Dietro alla fierezza di Lady Bird si cela però anche una malinconia che si trova spesso nei ritratti di Botticelli, più incline a una ritrattistica che combina superiorità estetica e analisi psicologica, come quasi cinque secoli dopo faceva Edward Hopper con le sue protagoniste solitarie. Lady Bird guarda lontano e ci nega la possibilità di seguire i suoi desideri, magari perché neanche lei ha ancora messo bene a fuoco il futuro verso cui sta volando con tanta fretta.