L’emissione di isoprene, sostanza incolore che del tutto inconsciamente rilasciamo a ogni nostro passo attraverso il sistema circolatorio, piccola contestualizzazione scientifica, cambia a seconda del livello di stress della persona. Diretta conseguenza, può aiutarci a capire quanto un film rischi di essere debilitante per esempio per bambini e adolescenti.
Sono stati gli scienziati del Max Planck Institute for Chemistry di Magonza, Germania, ad accorgersi del fatto che la concentrazione di isoprene nell’aria di un cinema possa aiutare a classificare i film nell’industria cinematografica a seconda dell’età indicata per la visione.
Questo criterio chimico potrebbe definitivamente sostituire quello basato su constatazioni soggettive, che hanno portato per esempio all’estensione di Il re leone a tutte le età e all’adattamento di Star Wars, Harry Potter e Dracula, invece, a una fascia più specifica.
11 diversi film in 135 proiezioni sono stati accompagnati da una minuziosa analisi della composizione dell’aria nei cinema con il coinvolgimento attivo di 13.000 componenti del pubblico. Programmazioni stilisticamente diverse e persone d’età differenti per una scoperta oggettivamente interessante: l’isoprene, che forse fino a pochi minuti fa non avevate idea di cosa fosse, è una calamita per il disagio emotivo all’interno di un gruppo.
Ebbene sì, il caro Jonathan Williams, leader del gruppo di ricercatori del Max Planck Institute for Chemistry, ha ipotizzato che durante la riproduzione di alcuni film ci muoviamo come anime in pena, non perché la poltrona del cinema sia scomoda, anzi, ma perché, turbati, tendiamo i muscoli in preda all’agitazione. Non fa una piega.
Sarà dunque Jonathan Williams assieme al suo team a stabilire per voi o i vostri figli quali film potrete andare a vedere? Forse sì, o forse lo spettrometro di massa collegato al sistema di ventilazione del cinema. L’idea è comunque di Jonathan e i suoi amici scienziati del Max Planck Institute for Chemistry sui cui tutti stiamo riponendo grandi aspettative.
Nel frattempo vi lasciamo con questo quesito: credete che i nostri stati emotivi, tensione compresa, lascino nell’aria un’impronta digitale chimica? TO BE CONTINUED…