Ora se ci pensate il 1998 sembra lontano mille anni rispetto a questo 2018. Con il “simpatico traditore” Clinton in America, D’Alema che partecipava alla trasmissione di Gianni Morandi cantando “C’era un ragazzo che come” e i Mondiali di Francia, i vent’anni che ci separano dal ’98 ci paiono un’era geologica fa. Eppure una cosa solida, anzi solidissima è durata in tutti questi anni: ovvero la magia che si prova a (ri)guardare La gabbianella e il gatto, il film d’animazione uscito il 23 dicembre 1998 per la regia di Enzo D’Alò e, ad oggi, il cartone italiano di maggior successo di tutti i tempi.Vero e proprio caso dell’anno, La gabbianella e il gatto è stato celebrato in lungo e in largo in quel ’98 e con giusta ragione. Infatti, a parte qualche piccola sbavatura a livello delle animazioni, ancora oggi il film d’animazione prodotto da Vittorio Cecchi Gori (sì, avete capito bene, l’ex patron di Fiorentina e TeleMontecarlo/TMC) è ancora iper-affascinante. E lo è in virtù, innanzi tutto, del fine lavoro dello sceneggiatore Michel Fuzellier, del Character design Walter Cavazzuti e degli Animatori Giorgio Ghisolanifi e Marco Varrone, che sono riusciti a dare ai personaggi del cartone quel loro tratto così dolce e caratteristico.
La storia, come è noto, è una libera interpretazione del bellissimo romanzo dello scrittore cileno Luis Sepúlveda. Storia di una gabbianella e del gatto che le insegnò a volare, apparso due anni prima ma che, ovviamente, proprio nel biennio ’98-’99 ha avuto un vero e proprio boom di vendite. Protagonista è il gatto Zorba, un paffuto felino domestico a cui piace però fraternizzare con i gatti di strada, che si trova, suo malgrado, a dover imparare a prendersi cura di una gabbianella, dopo che la madre, in una scena che i bimbi degli anni ’90 non si sono mai veramente dimenticati, dopo essersi attardata a mangiare sotto il pelo dell’acqua, rimane avvinghiata in una macchia di petrolio e con le ultime e disperate forze riesce a deporre il suo uovo proprio nel giardino della casa dello stesso Zorba.
Così Zorba e la combriccola dei suoi amici gatti, Diderot, Colonnello, Segretario e Pallino non solo dovranno far crescere la gabbianella, nel frattempo chiamata Fortunata, ma dovranno anche adempiere all’ultimo desiderio della madre: ovvero insegnarle a volare. In questo gioco di famiglia allargata ante litteram sta tutta la poeticità del film d’animazione (così come del romanzo di Sepúlveda ) che però, com’è giusto che sia, inserisce anche dei degni antagonisti dei gatti. Infatti i topi de La gabbianella e il gatto sono creature mostruose, grassi e grossi all’inverosimile, praticamente padroni ormai della città visto che i gatti si sono abituati alle comodità e agli ozi del vivere tra gli uomini. I topi, capitanati da Grande Topo (la cui voce è stata affidata ad uno, strepitoso, Antonio Albanese) vorranno rapire la gabbianella, come sommo sfregio alla “squadra” dei gatti.
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Eppure piano piano, in perfetta sincronia con la sua crescita, rivestirà sempre un ruolo maggiore la stessa Fortunata, la gabbianella che deve imparare a volare. Infatti ci troveremo di fronte un personaggio deciso e coraggioso, che non avrà paura a proteggere gli amici gatti, e in particolare Zorba, dalle grinfie dei topi. Insomma non era proprio una cosa all’ordine del giorno vedere un protagonista femminile avere così tanto peso in un film per bambine e bambini. Diciamo che già l’anno prima, nel mirabolante Anastasia, si aveva avuto un bel messaggio in tal senso, ma la “forza senza perdere la tenerezza” della gabbianella, è qualcosa di ancora oggi meraviglioso.
Insomma se non l’avete mai vista ma anche se la conoscete già a memoria, La gabbianella e il gatto è il film d’animazione ideale da guardare sotto le Feste proprio per quella dolcezza di cui vi parlavamo. Ci sono tante chicche ne La gabbianella e il gatto, come sentire lo stesso Luis Sepúlveda, all’inizio del film, incominciare a raccontare la storia è una trovata che, ancora oggi, troviamo di grandissimo gusto. E poi, tra le canzoni che compongono la colonna sonora, c’è anche “Siamo gatti”, una perla di Samuele Bersani forse poco nota ai più. Quindi non possiamo fare altro che dirvi, non solo buona visione ma anche buon ascolto!
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