Amy Adams
TV e Cinema
di Eva Cabras 27 Settembre 2018

La doppia vita di Sharp Objects, dal romanzo alla miniserie di Jean-Marc Vallée

Sharp Objects è un libro e una serie tv incredibile

https://www.youtube.com/watch?v=1iZGc0n2WJo

ATTENZIONE, POTREBBE CONTENERE SPOILER

Ho atteso l’uscita di Sharp Objects come da bambina aspettavo il Natale. Volevo che fosse tutto perfetto, volevo guardarmi tutte le puntate in un unico slancio affamato e volevo arrivarci preparata, da brava scolaretta che ha fatto i compiti. Di Gillian Flynn avevo letto soltanto Gone Girl (immenso), quindi avevo fatto i miei compiti in maniera decisamente approssimativa. Ho scelto di leggere Sharp Objects romanzo subito prima di vedere Sharp Objects la serie, perché uno spoiler su carta è lacerante, non l’avrei sopportato. Sono felice della scelta fatta: il libro è incredibile, la serie è incredibile.

Sharp Objects romanzo esce nel 2006 ed è il primo dei libri di Gillian Flynn, a cui hanno fatto seguito Dark Places nel 2009, Gone Girl nel 2012 e The Grownup nel 2014. Tre quarti della bibliografia di Flynn sono diventati film o serie tv di altissimo livello, quindi le premesse erano già ottime. Nel romanzo, la voce narrante è quella di Camille Preaker, reporter per un mediocre giornale di Chicago, inviata in prima linea a indagare sull’omicidio di una ragazzina e la scomparsa di una seconda nella sua cittadina natale. Camille torna quindi, a malincuore, per un breve periodo a Wind Gap, dove ritrova le dinamiche familiari malate e l’immobilismo sociale che l’avevano fatta fuggire anni prima.

La protagonista di Sharp Objects è l’estensione perfetta del lettore. Indaga, brancola nel dubbio, scopre, viene ingannata. La scopriamo piano piano, attraverso l’immagine che Camille costruisce di se stessa e che ci arriva tramite il filtro della narrazione in prima persona. Tutti i dettagli del suo passato, i fantasmi che lo popolano e che tornano a manifestarsi con il suo rientro, vengono rivelati con parsimonia, lasciati sul sentiero come le briciole di pane di Hansel e Gretel. I riferimenti al mondo delle fiabe sono infatti uno dei punti di forza di Sharp Objects, che però le fa proprie e le ribalta, accostandole alla mitologia greca e alla cultura letteraria americana, primo su tutti allo Stephen King di It.

Sharps Objects miniserie

Camille e le molte donne del romanzo, affiancate da figure maschili con funzione pressoché accessoria, corrodono cliché e tabù centenari associati all’idea di famiglia, di maternità, di pazzia, conservando una cornice thriller che funziona a livello emotivo, narrativo e psicologico fino all’ultima pagina. Nel misto tra noia, folklore e glorificazione del passato della provincia americana, Camille e i suoi demoni si infuocano, popolando una storia di prevaricazione della donna sulla donna di un’attualità disarmante. Con le possibilità del thriller intimista, una storia dai risvolti inattesi e una protagonista tormenta tanto dal passato quanto dal presente, il passaggio di Sharp Objects dalla carta al racconto per immagini era scritto nelle stelle.

Fortunatamente per l’umanità, Sharp Objects è finito tra le mani di un dream team praticamente perfetto. Alla regia di tutti gli episodi c’è Jean-Marc Vallée, che di crime socio-psicologico è diventato un maestro grazie a Big Little Lies. L’ideatrice della miniserie è Marti Noxon, altra figura nata per maneggiare questo materiale, dopo l’esperienza come sceneggiatrice e produttrice per Buffy l’ammazzavampiri, Mad Man e Glee, passando dalla regia per il film Fino all’osso di Netflix. Tra i produttori esecutivi c’è la stessa Gillian Flynn e addirittura Jason Blum di Blumhouse, uno che sente odore di successo clamoroso anche in mezzo a un uragano. Metteteci anche un casting pressoché impeccabile, con Amy Adams a mangiarsi ogni scena, Patricia Clarkson da brividi ed Eliza Scanlen come piacevolissima scoperta, e avrete uno dei migliori prodotti seriali dell’anno, senza dubbio.

Miniserie Sharp Objects

Sharp Objects ci immerge immediatamente in un’America provinciale da cartolina, rarefatta, indolente, fatta di ricchezza antica e nuovo degrado. La storia ricalca fedelmente la struttura narrativa del romanzo e ci porta con Camille a fronteggiare delle radici ingombranti, che scatenano subito nella protagonista una ragnatela di flash subliminali dall’aspetto doloroso. Tra i colori e i suoni acuminati che riaprono in Camille vecchie ferite, frammenti di immagine e parole riaffiorano nella durata di un battito di ciglia, lasciandoci per diverse puntate nel dubbio. Sono ricordi? Sensazioni? Allucinazioni?

Già nel pilot Sharp Object ci presenta la famiglia disfunzionale di Camille: il patrigno inconsistente, la madre rancorosa, la sorellastra indecifrabile. La vena thriller funziona alla grande, concedendosi un arco narrativo di grande respiro. I personaggi prendono corpo man mano che il puzzle dei ricordi si completa, perché è la memoria che sblocca Camille, nel bene e nel male. Il lavoro di montaggio in questo senso ha un ruolo cruciale: la sovrapposizione tra passato e presente, tra realtà e immaginazione, magari delirio, non è sottolineata in alcun modo. Lo stacco tra livelli di coscienza e piani temporali è netto, ma privo di transizioni. Ci troviamo buttati nella mente di Camille. È l’equivalente della narrazione in prima persona. A dare un aspetto altrettanto intimo interviene l’uso della camera a mano, utilizzata con particolare insistenza per i dialoghi. Non c’è niente di stabile e granitico in Sharp Objects, nemmeno la regia. Ciò che invece è persistente è lo stile della regia. L’onnipresente mano di Jean-Marc Vallé si nota e rende la miniserie coerente e visivamente fluida, perfetta anche per il binge watching.

Serie Jean-Marc Vallée

Adesso parliamo del finale. Ci arriverete seguendo le briciole nel bosco, o il filo di Arianna, e troverete un colpo di scena molto soddisfacente. Nella miniserie il twist è brutale, quasi irrisolto, e vi lascerà travolti a pensare al perché sui titoli di coda, quando ormai Vallée se n’è lavato le mani. Ci penserete per ore e vi rimarrà comunque il sapore del dubbio in gola, perché, a differenza del romanzo che si dilunga leggermente di più sui moventi, Sharp Objects la serie si diverte a farvi fare il lavoro del detective, o dello psichiatra. A caso ripensato, sarebbe stato meglio vedere prima la miniserie e poi leggere il libro, per gustare a pieno lo schiaffo in faccia di quella chiusura maligna.

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