Tutte le immagini © Warner Bros/New Line Cinema
IT è il revival non revival più atteso dell’anno, per i fan dell’horror e in particolare per i fedeli lettori di Stephen King. Ha avuto una produzione travagliata ma alla fine il regista Andrés Muschietti l’ha portato a casa in maniera egregia, creando un instant classic che negli USA, dove il film ha fatto incassi da record assoluto. 13,5 milioni di dollari il primo giorno di sala, cifra mai registrata nella storia del cinema per un horror vietato ai minori. Poi abbiamo perso il conto. Questa è la nostra recensione.
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Effetto Stranger Things
Stranger Things prende a piene mani dall’immaginario di Stephen King, unendolo con la retromania anni ’80 e le citazioni dei più famosi blockbuster horror/sci fi del tempo. Una combo che ha fatto scuola tanto che Andrés Muschietti, il regista di IT, ha deciso di trasporre il romanzo fiume di Stephen King in due film separati: bambini vs. Pennywise e adulti vs. Pennywise. Il primo film, ora nelle sale, narra la vicenda degli adolescenti alle prese con il male incarnato dal clown ballerino. Nel libro, la storia inizia nel 1957 ma il film ha spostato tutto in avanti per far interagire ragazzini in bicicletta e clown assassino nel 1988, con conseguente memorabilia di sala giochi, citazioni di film horror (Nightmare 5) e appeal che ricorda da vicino la serie tv dei Duffer Brothers. Non è un male, il film acquista freschezza. I ragazzi attori sono davvero bravi e forse non è un caso che nel cast ci sia Finn Wolfhard (Beep Beep Ritchie!) protagonista proprio di Stranger Things. Tra le altre interpretazioni spiccano quella di Jeremy Ray Taylor, un Ben Hascom con cui non si può non empatizzare, Jack Dylan Grazer nei panni del malaticcio e frustrato Eddie, di Jaeden Lieberher che interpreta Bill, il balbettante (ma neanche troppo) capo del Club dei Perdenti e di Sophia Lillis, una perfetta Beverly Marsh che questo copione fa risaltare ancora più che nel libro. A differenza del libro, Pennywise la rapisce e questo sarà l’espediente per far entrare i ragazzini nella sua tana per lo scontro finale. Unica nota negativa, il supercattivo Nicholas Hamilton (Henry Bowers), troppo carino, non sembra proprio la faccia giusta per il ruolo.
Pennywise ci tortura dal 1990
Nonostante nel film Pennywise assuma forme diverse a seconda delle paure dei ragazzini che vuole mangiarsi (ragazzo senza testa, lebbroso, donna del quadro con la faccia tutta scombinata), quella del clown ballerino è la madre di tutte le paure e in IT di Muschietti, niente rimane celato. Vediamo persino l’omicidio di Georgie, quello che dà inizio alla spirale di orrore, in tutta la sua vorace violenza: il clown gli strappa un braccio a morsi e poi lo trascina nel tombino. Molte le scene grottesche, degne di una marionetta malvagia, molti i momenti in cui il suo volto già molto inquietante si trasfigura in una maschera di orrore, con fauci contenenti migliaia di denti aguzzi e lo sguardo pazzo. Quando cerca di uccidere Eddie, sembra citare il Joker di Heath Ledger. Il risultato finale è molto diverso da quello ormai iconico interpretato da Tim Curry nella mini serie tv del 1990, di cui questo film non è assolutamente il remake. Dove Curry era giocoso e sottilmente inquietante, quello di Bill Skargard è deviato e spaventoso ai massimi livelli. La voce (quantomeno in originale) ha dei toni disneyani che lo rendono ancora più angosciante. Una bella evoluzione per la maschera che ha spaventato più di una generazione. Per le affinità e divergenze tra Curry e Skarsgard, vi rimandiamo a questo articolo.
La storia è la stessa, la trama no
In IT il film ci sono un bel po’ di cose che potrebbero non essere facilmente digerite dai fan totali di King. A partire dal cambio di ambientazione (dagli anni 50 agli anni 80) ai cambiamenti di trama che abbiamo già accennato: il rapimento di Bev da parte di Pennywise, la casa maledetta da cui entrare nella tana del clown (mancano un po’ i barrens, veri protagonisti del libro), Ben che diventa il custode della memoria storica di Derry al posto di Mike e un sacco di altre modifiche che rendono più fluida la storia per contenerla in un film di due ore. L’idea di dividere il narrato in due film indipendenti, uno con protagonisti i ragazzi e uno gli adulti 27 anni dopo, snatura un po’ il libro ma allo stesso tempo restituisce una pellicola che sta in piedi da sola e che vive grazie alla forza dei ragazzi e delle loro paure. Sarà molto difficile per Muschietti mettere su il cast del Club dei Perdenti da adulti, vera nota dolentissima della miniserie del ’90.
Ti prendo e ti porto via
Cosa c’è di più bello dell’amore tra ragazzini, quello che prende ogni cellula e ogni pensiero, che sembra infinito e troppo breve allo stesso tempo, di cui si ha già nostalgia mentre viene vissuto? Bev e Bill, i loro sguardi, la loro promessa. Ma non solo: l’amore che ogni membro del Club dei Perdenti ha nei confronti dell’altro compagno di avventura e di destino, questo è il motore del film. Il fatto che faccia anche saltare sulla sedia un sacco di volte, cementifica questa unione e alla fine, più che non dormire per la paura di veder spuntare Pennywise con gli occhi storti dall’armadio o dal bagno, si rimane sospesi, sognanti e nostalgici per quel periodo della vita che non torna mai, per quanto ci sforziamo di volerci tornare. Sei personalità, ognuna con una sfortuna e un dolore diverso, unite per combattere un male assurdo, più grande del mondo intero, è ciò che rende questo film (e il libro da cui è tratto) diverso da tutti altri horror e nonostante ci siano punti in cui non si fa altro che avere microinfarti, resta un romanzo di formazione e di crescita tra i più belli. Tutto il resto, citando SK, è buio.
IT di Muschietti è una dichiarazione d’amore all’adolescenza, è il nuovo Goonies, è un film di formazione e d’avventura travestito da horror. Guardatelo, anche se in cuor vostro avete paura, alla fine ne uscirete commossi.
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