Questo articolo è tutto tempestato di SPOILER. Se non hai visto il finale di True Detective 3 NON LEGGERE!
L’ottavo e ultimo episodio della terza stagione di True Detective lo aspettavamo un po’ tutti per riuscire a dipanare la nebbia che cela non solo la risoluzione del mistero, ma anche il nostro giudizio insindacabile: è stata vera gloria o solo un insieme di bravi attori e nostalgia?
La terza stagione del torbido crime scritto da Nic Pizzolatto ci ha fatto sognare di tornare ai fasti del primo, quello interpretato da Matthew McConaughey e Woody Harrelson per la regia di Cary Fukunaga, del quale abbiamo amato tutto: attori, storia, ambientazione, musica etc etc, ma si sa, il passato non può tornare e se torna, non è mai come la volta precedente.
Nic Pizzolatto ha giocato con i nostri sentimenti e ha creato una storia che, per larga parte, somiglia alla prima stagione: sud degli Stati Uniti, boschi, bambini morti o scomparsi, poliziotti tormentati, possibili implicazioni di sette e/o pedofili. Nel mezzo, citazioni e riferimenti all’indagine di Marty e Rust, quasi a condividerne l’universo narrativo, bypassando la seconda stagione (per molti deludente), ambientata da tutt’altra parte con una storia del tutto diversa.
Solo alla fine, scopriamo che Nic Pizzolatto è un monello e tutte le briciole di pane che ha lasciato nel cammino, sono prove fittizie, architettate ad arte per confonderci e farci sognare il passato che, ripetiamo, non torna. True Detective 3 non è la storia di un crimine, di una setta, di un’amicizia o di un amore. Almeno non principalmente. È la storia di una mente fumosa, sempre alla ricerca di qualcosa che, ironia del destino, sfuggirà per sempre.
Il detective Wayne “Purple” Hays, magistralmente interpretato da Mahershala Ali, è un uomo che non conosce la serenità. Ex soldato volontario nel Vietnam, segugio, indagatore, uomo tutto d’un pezzo che perde i pezzi per strada, tradito dalla propria memoria che, in vecchiaia, decide di non collaborare più. Un matrimonio alle spalle che sembra più una società di investigazione (bravissima Carmen Ejogo), un rapporto burrascoso col collega Roland West (il redivivo Stephen Dorff) e un caso da risolvere, che lo agita da tutta una vita.
Nel finale rimaniamo stregati dall’interpretazione di Michael Rooker (per sempre nei nostri cuori dal 1986, quando interpretò il serial killer in Henry, pioggia di sangue) che veste i panni del magnate potentissimo Edward Hoyt, il quale spiega a Purple quanto sia meglio smetterla di giocare a guardia e ladri, facendoci gelare il sangue (miglior scena della stagione). Una volta trovato Junius (il fattore della tenuta degli Hoyt), i due anziani detective risolvono il caso: Julie, la bambina scomparsa, è stata “comprata” dalla figlia di Hoyt che, resa debole di mente per la morte di marito e figlia dopo un incidente, trova conforto solo nel giocare con la nuova bambina nella stanza rosa, appositamente costruita per lei. Da grande, Julie scappa, aiutata da Junius e fa perdere le proprie tracce, che riappaiono quando la ragazza soggiorna dalle suore, aiutandole. La storia sembra concludersi con la morte della ragazza a causa dell’AIDS, ma la realtà è un’altra: le suore hanno finto la sua morte per proteggerla da chi non ha mai smesso di cercarla.
Conclusione del mistero: Tom, il fratello di Lucy, è morto per un incidente e Lucy ha coronato un sogno: una casa, l’amore della sua vita, una figlia, un giardino, la serenità. True Detective col lieto fine tipo Disney, siamo sicuri? Certo che no. Purple sta per risolvere definitivamente il caso che lo tortura da una vita quando ha una crisi di memoria. Conosce Julie, ma solo per chiederle dove si trova e non ha idea di chi sia. Un eterno purgatorio alla ricerca di prove e indizi che non si scioglie neanche dopo la risoluzione del mistero.
Purple ha bisogno del mistero, per lui è una droga e una ragione di vita, quindi alla fine, nella sua mente si trova di nuovo nella giungla del Vietnam, perso, a cercare ciò che non troverà mai. Quello è il suo mistero e non può essere risolto in 8 episodi di una serie tv, continua anche dopo i titoli di coda, te lo porti dietro per tutta la notte e tutto il giorno dopo. Perdere la famiglia può far impazzire, ma cosa succede quando perdi tutti i tuoi ricordi?
Nic Pizzolatto ha finto di creare una sorta di spin off della prima stagione e fino alla penultima puntata siamo stati lì, a credere di poter rivivere quell’emozione. Lo scioglimento è stato opposto, nessun nemico con cui combattere alla morte, solo il tempo che passa, inesorabile e devastante.
Tutte le foto © HBO e Sky Atlantic