TV e Cinema
di Eva Cabras 28 Aprile 2017

Perché Fargo 3 è la migliore serie tv noir in circolazione

È tornata Fargo, la serie tv noir ispirata dal film dei fratelli Coen, che ogni anno riesce a catapultare gli spettatori in un mondo crudele dominato dalla casualità del destino

 

Di Fargo 3 abbiamo visto soltanto la prima puntata, ma le carte messe in tavola dallo show di Noah Hawley la rendono già la migliore serie tv noir disponibile sul mercato. Dopo aver visto il potenziale allucinatorio di Hawley con Legion, non ci stupisce che Fargo 3 si permetta di iniziare la sua nuova stagione proponendo oltre sei minuti di conversazione in tedesco, durante la quale un anonimo cittadino viene accusato dell’omicidio compiuto da un altro uomo. La situazione kafkiana dell’interrogatorio è data 1988, ma il piano temporale principale torna nelle gelide lande del Minnesota del 2010, nella cittadina di Eden Valley, che di idilliaco ha solo il nome.

 

 

La presentazione dei nuovi protagonisti avviene in maniera asciutta e accurata. Al centro delle vicende ci sono i due gemelli Emmit e Ray Stussy, entrambi interpretati da quella meraviglia scozzese di Ewan McGregor, che si trovano rispettivamente invischiati nei loschi affari di criminali internazionali e nel fortuito assassinio di un vecchio residente del posto. La figliastra della vittima è Gloria Burgle (Carrie Coon, la Nora di The Leftovers), capo della polizia locale, che nella medesima notte si troverà a gestire ben due omicidi, collegati tra loro in maniera imperscrutabile.

 

 

Il primo episodio di Fargo 3 è diretto dallo stesso Noah Hawley, che applica il suo personale mix tra rigore formale e audacia compositiva. Uno dei principali punti di forza è poi certamente lo sdoppiamento del ruolo affidato a McGregor, che porta nella serie uno dei tòpoi del giallo – la dicotomia labile tra gemello buono e gemello cattivo – e l’eterna riflessione sul tema del doppio. Trionfa così l’anima noir della serie, che attinge sapientemente dai suoi precursori cinematografici, attualizzandone alcune delle caratteristiche più peculiari. Nella terza stagione di Fargo ritroviamo la femme fatale, autoritaria e sagace, qui incarnata da Nikki (Mary Elizabeth Winstead), versione contemporanea della Peggy Blumquist di Fargo 2, che aveva il volto di Kirsten Dunst. Ritoviamo anche l’immancabile figura del poliziotto, che nei film noir classici è colui che incarna lo sguardo affamato di risposte dello spettatore.

 

 

Come già nelle precedenti stagioni, la trama di Fargo è guidata dalla casualità, da una sorta di caos organizzato dove un solo piccolo intralcio determina la rovinosa caduta di interi progetti ed esistenze. Il tempismo e l’imprevisto giocano un ruolo cruciale e il compito di trovare il proverbiale Filo di Arianna spetta solitamente al rappresentante delle forze dell’ordine, personaggio chiave dalla psicologia complessa e mai semplice espediente narrativo. Il fil rouge che lega il nuovo capitolo antologico ai precedenti è evidente e passa attraverso la riflessione sulle dinamiche familiari, sul rapporto tra cittadino e autorità, sull’implacabilità del fato. La prima puntata dello show ci ha dato solo un assaggio di cosa ci aspetta e le premesse sono senza dubbio tra le più gustose della stagione.

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