Estate ’85 – Il requiem danzato dell’edonismo

Nel suo perfetto calarsi nell’idea di realtà degli anni ’80 il nuovo film di François Ozon riesce a smascherarne il disagio implicito, portando a galla la pulsione mortifera degli anni dell’edonismo

Il nuovo lungometraggio di François Ozon fa parte di quella lista di film rimasti “a piedi” in seguito all’annullamento dell’edizione del 2020 del Festival di Cannes. Diciannovesima opera in 23 anni di carriera, la pellicola è tratta dal romanzo di Aidan Chambers Dance On My Grave, e su questo andrebbe fatta una prima osservazione: la scelta del titolo per l’adattamento fa intendere una sorta di tentato inganno sullo spettatore ignaro. Estate ’85 sembrerebbe essere il nome di un film sull’amore adolescenziale, condito da riferimenti anni ’80, mare e musica. Questi elementi ci sono, senza dubbio, ma ad essere taciuto è forse il tema più importante, la morte.

In una località marittima della Normandia l’estate del sedicenne Alexis viene travolta dall’incontro fortuito in mare con David Gorman, ragazzo più grande di lui, che lo aiuta a salvarsi con la sua piccola barca all’inizio di una bufera. David è straripante e in poco tempo porta Alex a gravitare intorno a casa sua e al negozio in cui, in seguito alla morte del padre, ha iniziato a lavorare (abbandonato gli studi) per aiutare la madre e portare avanti l’attività di famiglia. Decide allora di offrire un lavoretto come commesso all’amico, inizia a portarlo in moto e gli fa letteralmente perdere la testa. L’amore tra i due prende la forma di una passione adolescenziale totalizzante e piena di fuoco. Un amore che va di corsa e si brucia in fretta, con l’ingresso in scena di Kate, ragazza alla pari inglese, che scombina le carte e fa venire a galla tutto l’edonismo di David, già annoiato dalla storia con Alex. Basta questo tradimento, seguito da una violenta litigata, a far precipitare il rapporto tra i due ragazzi, e a far intervenire tra i due la tanto “agognata” morte.

Un frame del film tratto dall’autore  Un frame del film tratto dall’autore

Il film comincia con la fine, o meglio con l’inizio della parte finale della vicenda. Già da subito sappiamo che Alex sarà processato, ma non si sa per cosa. La ricostruzione della vicenda avviene in modo scritto, sotto sollecito del docente di francese del ragazzo che ne riconosce le doti e pensa che sia questo il miglior metodo per fargli riportare in modo lucido tutti gli eventi, felici e tragici, avvenuti nel mese trascorso con David. Facendo questo Ozon corre il rischio di perdere lo spettatore, fin troppo convinto fino a metà dello svolgimento che Alex sia accusato di omicidio, ma l’altro plot twist –  quello legato al titolo del romanzo – incolla nuovamente la nostra attenzione allo schermo. Uno dei punti più potenti del racconto è proprio il rapporto che Alexis intraprende con la morte che non è una semplice fascinazione giovanile o un timore reverenziale. Il suo avvicinarsi a thanatos prevede sempre una componente notevole di eros, così che il ballo sulla tomba dell’amato – che in qualche modo però odia per il modo brusco con cui si sono lasciati – diventa una sfida da conseguire senza essere davvero consapevoli di ciò che si stia andando a fare. La morte viene rincorsa, si gioca con lei, nel mezzo di azioni sconsiderate davanti a cui lo spettatore potrebbe anche smarrirsi e storcere il naso.

Ma è proprio sul rigonfiamento emotivo che il cinema di Ozon prende definitivamente il volo. Nonostante qualche inciampo nella sceneggiatura e l’abbandono del personaggio di Kate nel finale proprio quando era diventata l’unica ad interessarsi ad Alexis, Estate ’85 è un film che vive di paradossi e di immagini sature, nei colori così come nelle sensazioni. Il regista francese continua a dimostrare il suo talento nel calcare la mano su ogni dettaglio, rendendo sfumate le scene e i personaggi. Il dolore per il labbro rotto di David durante il primo bacio che i due ragazzi si danno, il lato quasi innocente e carnevalesco dell’adolescenza nella raccapricciante scena dell’obitorio, c’è sempre un elemento che disturba la grande passione in atto. Anche la direzione degli attori è magistrale e a spiccare, oltre ai due giovani protagonisti, è Valeria Bruni Tedeschi, madre di David, donna distrutta dai lutti della famiglia, sempre nel tentativo di celare il dolore tendendo la pelle del viso in sorrisi abbozzati con gli occhi socchiusi.

Un frame del film tratto dal’autore  Un frame del film tratto dal’autore

Nel suo completo calarsi nell’idea di realtà degli anni ’80, Estate ’85 riesce a smascherarne il disagio implicito. C’è la grana calda delle immagini del tempo, così come l’esplosione sonora e musicale, dai The Cure dei titoli di testa a Rod Stewart – passando persino per Self Control di Raf -, ma in lontananza risuona sempre una sorta di requiem, dedicato all’edonismo che condanna, o alla tracotanza che si nasconde dietro l’illusione di essere personaggi di un qualche racconto di finzione. C’è, durante tutta la visione, la certezza di essere davanti a un film senz’altro imperfetto, ma mai scontato nel farci venire il dubbio che quello che stiamo vedendo sia totalmente assurdo.

 

 

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