Se siete fan di Boris, ricorderete l’ultima puntata della terza stagione: le riprese de Gli Occhi del Cuore procedono male, la rete non è ancora convinta di rimettere in produzione la serie, ci vuole un colpo di scena. Così gli sceneggiatori decidono di giocarsi l’asso pigliatutto: trasformano quella che era una fiction medical in un allegro musical, al grido di “La qualità ci ha rotto il c***o, viva la merda!”. Ecco, dev’essere successo qualcosa del genere anche sul set di Empire, che da potenziale serial di culto si è trasformato in una brutta telenovela.
Ma andiamo con ordine: nel gennaio 2015 debutta su Fox una delle serie più attese dell’anno – Empire, appunto – che racconta l’industria musicale dell’hip hop. Le premesse per spaccare ci sono tutte: il creatore è Lee Daniels (già premio Oscar per Precious), il protagonista Terrence Howard (uno degli attori più quotati dello star system afroamericano), la colonna sonora originale è affidata a Timbaland (visionario producer che vanta più dischi di platino che anni di vita).
Perfino i personaggi secondari sono da urlo: tra gli attori ricorrenti c’è Naomi Campbell, e i numerosi cameo sono ad opera di star del calibro di Snoop Dogg, Mary J. Blige, Rita Ora e Jennifer Hudson. Anche la trama, che ricalca la vera storia di alcuni dei rapper e cantanti più famosi della scena americana, promette davvero bene. Lucius Lyon è un ex spacciatore riconvertitosi in rapper e poi in uomo d’affari (proprio come Jay-Z) che deve decidere a chi lasciare in eredità la sua casa discografica.
All’ex moglie, che ha trascorso anni in prigione per coprire i suoi crimini (proprio come Lil’ Kim)? Al figlio minore, promettente ma indisciplinato rapper (proprio come i figli di Snoop Dogg o Master P)? Al figlio di mezzo, star dell’R&B e apertamente gay (proprio come Frank Ocean)? Al figlio maggiore, che non ha nessuna velleità creativa ma è un ottimo manager? Per ottenere il controllo della compagnia si scatenerà una guerra interna senza esclusione di colpi.
Alla prova dei fatti, Empire è andata oltre ogni aspettativa: non solo la serie è stata subito rinnovata, ma la seconda stagione è stata anticipata e ha debuttato il 23 settembre con ottimi ascolti. Parlando proprio di ascolti, Empire è stata l’unica serie tv, negli ultimi 23 anni, ad avere costantemente aumentato il numero di spettatori ad ogni episodio trasmesso: l’ultimo episodio della prima stagione ha fatto segnare un + 82% rispetto al pilot e il finale di stagione è il più visto da quello di Grey’s Anatomy del 2005. E non è tutto: le canzoni che nascevano all’interno della serie sono diventate hit vere e proprie, con milioni di view su YouTube.
Il problema, però, è che più il numero di spettatori cresceva, più la qualità del telefilm – già bassina fin dal primo episodio – si inabissava inesorabilmente. I buchi nella trama sono diventati vere e proprie voragini, tra colpi di scena senza senso e radicali cambi di personalità, roba che manco Mina in acido: ti amo e poi ti odio e poi ti amo e poi ti odio e poi ti amo. E poi ti produco il disco. Malattie, malattie mentali, omicidi irrisolti, triangoli, quadrilateri, tradimenti, conversioni improvvise, figli incompresi, figliol prodighi, nemici storici e falsi amici si alternano scena dopo scena, stereotipo dopo stereotipo, come nella peggior soap opera.
E in effetti Beautiful sembra essere stato una grande fonte di ispirazione: come la Forrester è una casa d’alta moda in cui si producono vestiti orrendi e fuori moda, anche la Empire Records è un’etichetta hip hop che l’hip hop non l’ha visto neanche col cannocchiale. I personaggi non rappano, ma cantano (d’altra parte sarebbe difficile vendere pezzi rap al pubblico generalista di Fox) e producono la loro – brutta – musica con metodi e strumenti assolutamente improbabili, compresi mandolini e chitarre spagnole. Anche la ricostruzione di come funziona una casa discografica è del tutto inverosimile: memorabile la scena in cui la Empire cerca di rubare tutti gli artisti ad un’altra etichetta nel corso di un solo pomeriggio, con tanto di grafico interattivo che mostra in tempo reale il valore economico delle due label in base ai contratti sottoscritti.
Insomma: Empire è brutto, ma proprio brutto forte. Nel tentativo di piacere a tutti, soprattutto ai bianchi della middle class, finisce per non piacere a quello che doveva essere il suo pubblico di riferimento. Se amate il rap, dimenticatevelo pure e passate a Power, la serie prodotta da 50 Cent, o meglio ancora aspettate fino a gennaio per The Get Down, la serie di Netflix dedicata alla nascita della cultura hip hop. Se amate il trash invece non perdetevelo, non ve ne pentirete assolutamente. Visti i numeri, la sensazione è che potrete godervelo ancora a lungo. Molto a lungo.