Ci sono poche cose che agli americani piacciono più di un buon film sui giustizieri fai-da-te, almeno a giudicare dalla fortuna cinematografica del filone. Liam Neeson praticamente ci ha costruito una carriera, e la sua interpretazione dell’arrabbiatissimo Bryan Mills di Taken (Io vi troverò) è ormai un classico dell’action movie. Il regista del primo capitolo della trilogia, Pierre Morel, ha deciso però che era arrivato il momento per introdurre una variazione sul tema: a corrucciarsi e tramare nell’ombra stavolta sarà una donna, Jennifer Garner nello specifico.
Peppermint – L’angelo della vendetta arriverà in sala il 21 marzo e promette esattamente ciò che ci si aspetta da un film dove la protagonista vendica l’assassinio della propria famiglia dopo essere stata delusa dal sistema giudiziario statunitense, ovvero, azione e cattiveria, brutalità e risentimento, tutto l’arsenale di arroganza del perfetto cittadino che prende nelle proprie mani la legge. Per quanto riguarda il binomio donna-vendetta, il film di Morel può contare su precursori illustri di epoche e generi diversi, che hanno aiutato a ridefinire nel tempo gli standard della rappresentazione femminile. Addio pulzelle bisognose, largo alle giustiziere rabbiose.
Kill Bill (2003)
Impossibile non partire da uno dei film più rappresentativi del filone. La sposa assetata di sangue creata da Quentin Tarantino con l’interpretazione di Uma Thurman è una delle versioni della vendetta al femminile che più ha impattato sulla Storia del cinema, probabilmente perché è anche il titolo più pop. Oltre alla classica estetica del suo regista, Kill Bill ha sfruttato a pieno tutte le possibilità del film d’azione, contaminandolo e plasmandolo pur conservandone la spettacolarità visiva e il ritmo. Una protagonista complessa, totalmente dedicata alla propria missione, mortale e potente al limite del supereroismo fa il resto con stile.
Carrie – Lo sguardo di Satana (1976)
Il meraviglioso adattamento del romanzo di Stephen King per mano di Brian De Palma si guadagna un posto tra i film sulla vendetta femminile con una manciata di minuti sul finale. A Carrie White basta addirittura un pugno di secondi, il tempo di un primissimo piano, per sbaragliare la concorrenza in quanto a furia, rancore e dedizione omicida.
Lady Vendetta (2005)
Il regista Park Chan-wook alla vendetta ha dedicato un’intera trilogia. Una delle sue parti è dominata dal percorso di Geum-ja, che ha trascorso tredici anni della sua vita in carcere per un omicidio commesso dal suo ex amante (nonché insegnante) Baek. Trasformando il suo odio personale in odio collettivo, la protagonista tenta di seppellire contemporaneamente il passato, un uomo terribile e il proprio senso di colpa.
Hard Candy (2005)
La giovanissima Hayley abborda un uomo più grande attraverso una chat su internet. Augurandosi di diventare una preda, la protagonista si prepara a svelare la propria inattesa missione vendicativa e una ferocia resa sorprendente dall’aspetto innoquo di Ellen Page. Classicone dei ruoli invertiti.
I Spit On Your Grave (1978)
Pessimamente tradotto con Non violentate Jennifer, passando da una prima persona incattivita dal dolore a una supplica pacata. Le disavventure in stile exploitation della protagonista segnano uno dei momenti più significativi del genere rape and revenge, sulla scia del violentissimo L’ultima casa a sinistra di Wes Craven, uscito sei anni prima. Data per morta, Jennifer si riprende il tanto che basta per far fuori i suoi stupratori uno a uno, nella maniera più plateale possibile.
Revenge (2017)
Un’altra Jennifer viene lasciata mezza morta nel nulla, stavolta è il deserto. Come la sua omonima degli anni ’70, la protagonista del primo rape and revenge scritto e diretto da una donna fronteggia armata di rabbia, fucile e pejote i propri assalitori, più per necessità di sopravvivenza che per vera sete di vendetta. Però, già che c’è. L’approccio femminile a un genere che cadeva spesso nella mera soddisfazione del male gaze è evidente, e anche piuttosto rinfrescante.
Gone Girl (2014)
David Fincher porta al cinema il sublime romanzo di Gillian Flynn e ci regala la protagonista forse più malvagia e vendicativa di tutte, una che non usa armi o arti marziali, ma il puro potere manipolatorio della propria astuzia rancorosa. Impossibile provare empatia per questa donna composta al 90% di insoddisfazione e astio, una delle poche ad appropriarsi dell’ambiguità morale tanto tipica degli antieroi uomini.