Chiunque sia andato a vedere il remake americano di Uomini che odiano le donne non può non essere rimasto colpito dagli opening credits iniziali. Due minuti e trenta secondi in cui corpi più o meno deformi, più o meno integri, si districano in un blob nero come la pece sulle note di Immigrant Song dei Led Zeppelin rivisitata dai “bracci” destri sonori di David Fincher, Trent Reznor ed Atticus Ross – con la voce di Karen O. In un mix perfetto di colpo di genio e grandeur all’americana (ovvero truzzata, tasciata, tamarrata, etc), il regista mette in scena il sogno, o meglio, l’incubo di Lisbeth Salander, vera protagonista della trilogia targata Stieg Larsson.
A raccontare il dietro le quinte del video, è il direttore creativo dello studio Blur Tim Miller – che ha realizzato il tutto con Fincher – al settimanale Entertainment Weekly: “Quello che David voleva era creare immagini surreali usando effetti speciali tradizionali e così la prima volta che abbiamo parlato mi ha fatto immaginare il personaggio di Lisbeth come se fosse un James Bond di 22 anni bisessuale e che voleva ricostruire l’intera storia dei tre libri in due minuti e mezzo.”
http://youtu.be/TL30ovEdf8M
Impresa non da poco che ha unito i due amici – si conoscono infatti da tempo e stavano cercando l’occasione buona per mettere insieme le forze – per quattro mesi di incessante lavoro, fatto di riprese, sequenze e “tagli tagli tagli”, proprio come ci tiene a precisare Tim Miller. Quello che entrambi avevano in mente è che doveva essere un video scuro, nero. Ma quanto?
“Ci siamo posti il problema di quanto brillante dovesse essere il nero usato, di quanta luce avesse bisogno. Avevamo idea di un fluido nero che coprisse tutto, ma quanto fluido doveva essere? Per questo ho letteralmente disegnato delle vignette, mentre altri disegni erano elaborati dal computer in 3-D. Per aiutarmi ho fatto delle scansione a Rooney Mara e Daniel Craig direttamente dal film.”
In tutto, le vignette dello storyboard di Uomini che odiano le donne sono 32, e la preferita di Miller è quella intitola Hot Hands: tante mani che accarezzano il volto della protagonista, quasi deformandolo. Il risultato finale, bisogna ammetterlo, non può che sorprendere, così come è stato sorpreso Miller nel sapere che al pubblico è piaciuto più quel video che tutto il resto del film: nonostante le 4 candidature all’Oscar, infatti, questo remake non è stato certo all’altezza di The Social Network, filmone sul papà di Facebook, già diventato un cult.