Ricordate Devilman, il personaggio creato da Go Nagai nei primi anni ’70? L’uomo diavolo, come recitava il testo della sigla dei Cavalieri del Re che apriva il primo adattamento televisivo, è tornato in una nuova veste su Netflix, con una serie tv dal titolo Devilman Crybaby diretta da Masaaki Yuasa, e per noi è già l’anime dell’anno.
Senza stare troppo a spoilerare, Devilman Crybaby ha un inizio e una fine. Nelle sue 10 puntate in media da 25 minuti l’una, narra la storia di Akira Fudo, un ragazzo timido e incline al pianto che il suo migliore amico Ryo Asuka convince a unirsi a un demone diventando un Devilman, coi poteri demoniaci e il cuore umano. L’intento apparentemente sembra quello di sconfiggere la nuova stirpe di demoni che sta per prendere possesso della terra, ma le vere ragioni le scoprirete solo vivendo.
Nel mezzo: amore, morte, sesso, filosofia, religione, gender, psichedelia, horror, splatter, melodramma, rap e social network. Come fanno a convivere nella solita serie tv? Merito del team di Masaaki Yuasa, della loro arte e della storia originale, stavolta più che mai completa, contenente l’intero arco narrativo di un super anti eroe e del mondo che deve salvare.
Gli esseri umani non ci fanno una bella figura, dobbiamo essere sinceri, e in questo adattamento sono costantemente connessi via social. Da lì a far partire una caccia alle streghe, si fa davvero presto. Akira Fudo sarà costretto a provare sulla sua pelle la sparizione di tutto ciò a cui tiene, e noi con lui. Fidatevi, grossi brividi all’orizzonte.
I buoni vecchi cari disegni a cui Go Nagai ci ha abituato nella nostra infanzia, e parliamo di Goldrake, Mazinga Zeta e non, Getter Robot, Ken Falco, Jeeg Robot d’Acciaio e un sacco di altri personaggi famosissimi, contano anche una stilizzazione di Devilman in versione manga ben più sinistra di quella dell’innocua serie animata che è stata tratta nel 1972. Stavolta il team di Masaaki Yuasa prende spunto proprio dalle origini del personaggio per trovargli una quadra, in perfetto stile jazz: impara tutto e poi distruggilo.
Questa sembra la tematica dell’arte che sta dietro a Devilman Crybaby: un insieme di anime tradizionale stilizzato in modo che i disegni non siano mai troppo realistici e una serie di variazioni sul tema che lasciano a bocca aperta, specialmente nelle scene splatter erotiche del Sabba o dell’invasione demoniaca. Nei momenti più drammatici, e sul finale ce ne sono quanti volete, i disegni appaiono più rispettosi della tradizione ma la loro stilizzazione è sempre pop, quasi a fare il paio con i pezzi rap in giapponese che dominano la colonna sonora. Si parla del nostro tempo, ma potrebbe essere una scheggia impazzita degli anni ’70, quelli degli effetti analogici e dei colori psichedelici.
Un adattamento per certi versi rivoluzionario che dona ai personaggi nuova vita e li rende interessanti sia ai 2000, sia a quelli della generazione dei primi OAV horror della serie. Stavolta il remake ha funzionato a dovere e vi ritroverete a ridere, piangere, a rimanere scioccati dalla storia. Assolutamente da vedere e da sperare che altri cicli narrativi degli anni ’70-’80-’90 possano ricevere questo trattamento.
Nel caso abbiate già visto la serie, potreste leggere il manga completo di Go Nagai da cui è stata tratta, nel pratico volumone Omnibus.
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