Bohemian Rhapsody non sarà il più bel film del mondo, di certo vincitore di Oscar immeritatissimi, ma nonostante tutto, alla fine, una storia seppur molto romanzata ce la tiri fuori: il ragazzo inglese immigrato e gay che, grazie al proprio percorso, diventa una rockstar internazionale tra le più luminose e poi, a causa dell’AIDS, muore giovane ed entra nel mito, lasciando almeno un paio di Greatest Hits da primo posto in classifica nel cuore dei nostalgici di tutto il mondo.
Non che il mondo stia andando nella direzione dei diritti e della pace universale, però l’edulcorata vita di Freddie Mercury e le sue feste sobrie (nel film s’intende) a base di cocaina e stalloni, non sono andate giù al governo cinese, che ha deciso di mostrare il film nel suo paese tagliando ogni riferimento all’omosessualità. Non che ce ne sia molta nel film, dal momento che per 3/4 della durata Freddie viene mostrato come un eterosessuale confuso con la ragazza, ma tant’è: Bohemian Rhapsody in Cina è un film su un ragazzo che canta, diventa rockstar, non gira mai il video vestito da donna e muore misteriosamente, a caso.
La discussione stavolta non è tanto sulla censura, che sembra davvero anacronistica nel 2020, piuttosto del fatto che, in Cina, Bohemian Rhapsody non ha senso. La scena di Freddie che dice a Mary di essere bisessuale e lei che gli risponde “No Freddie, sei gay”: sparita. La riunione tra i membri dei Queen in cui Freddie dice a tutti di aver preso l’AIDS: sparita. Pure il discorso di Rami Malek agli Oscar, quando parla di Freddie come di uomo gay è stato cambiato in “speciale”.
Risultato: i cinesi non c’hanno capito un cactus della storia dei Queen, il film ha buchi di sceneggiatura grossi come l’Etna e alla fine in molti si sono chiesti quale fosse quella strana peste che ha colto il povero Mercury e l’ha ucciso nel fiore degli anni. Chissà se faranno mai vedere The Dirt dei Motley Crue senza sesso e droga: diventerebbe un cortometraggio.