Compie oggi 70 anni Andrea Roncato, metà del duo comico Gigi e Andrea: ma del suo compleanno, come dire, ci importa il giusto. Ci importa molto invece affrontare passo dopo passo la vita di uno degli attori simbolo di un decennio, gli anni ’80, che in fondo ancora dobbiamo rivalutare appieno: quando ormai di quel periodo hanno ritrovato dignità persino alcuni Kleenex sporchi di Sergio Leone.
Andrea Roncato dicevamo, nasce in quel di Bologna il 7 marzo 1947: dopo l’incontro con Gigi Sammarchi, con cui fonda un duo di enorme successo tra gli anni settanta e ottanta, esordisce sulla Rai nel 1977 con lo spettacolo Io e la befana, insieme a Raimondo Vianello e Sandra Mondaini. Sarà però negli anni successivi che la maschera di Andrea diventerà popolare: battuta pronta, accento romagnolo, carattere godereccio sullo schermo – grande e piccolo – e fuori.
C’è un personaggio di Andrea Roncato, e forse una battuta, che resteranno nella memoria collettiva degli italiani per sempre: il personaggio è Loris Batacchi, lubrico impiegato postale che incontriamo nel quarto episodio della saga cinematografica di Fantozzi, Fantozzi subisce ancora. Film del 1983 dove ingravida Mariangela, la figlia del Rag. Ugo: e lo fa così, tanto per scommessa, con i colleghi delle Poste.
Attenzione però, che Fantozzi subisce ancora è un Fantozzi già in calando rispetto ai primi due episodi diretti da Luciano Salce: ma comunque si ride, si ride e il film si salva anche e soprattutto grazie ad Andrea.
Gli anni ’80 per Andrea Roncato saranno un crescendo di successi al cinema, un’infilata di commedie che riempiono le sale, qualche pellicola è gradevole anche oggi, qualcuna diciamo invece grazie, come avessimo accettato: tra i titoli Acapulco, prima spiaggia… a sinistra, di Sergio Martino (1983), L’allenatore nel pallone, sempre di Sergio Martino (1984), Mezzo destro mezzo sinistro – 2 calciatori senza pallone, ancora una volta per la regia di Sergio Martino (1985).
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Seguono poi I pompieri, di Neri Parenti (1985), Rimini Rimini, di Sergio Corbucci (1986) il dimenticatissimo Tango blu, di Alberto Bevilacqua (1987), e infine Rimini Rimini – Un anno dopo, di Bruno Corbucci e Giorgio Capitani (1987) e Il lupo di mare, di Maurizio Lucidi (1987). Poi tre anni di stop per Andrea: fino al 1990, con il leggendario Vacanze di Natale ’90.
Il decennio ’80-’90 porta anche intorno ad Andrea Roncato la fama di tombeur des femmes, tutt’altro che una diceria, dato che ebbe una liaison con Moana Pozzi, probabilmente la donna più desiderata d’Italia all’epoca.
Moana lo premierà poi nel suo leggendario volumetto di “recensioni” con un voto alto, un bel 7 pieno: “Era simpatico, generoso e aveva un bel cazzo. Rimanemmo insieme due mesi. Voto 7” scrisse la pornostar più amata di sempre.
Va detto che anche oggi Andrea non si nasconde sul tema. Il 16 marzo 2014 rispondeva così alla domanda di Pier Luigi Martelli sul Resto del Carlino:
E che donne… Se consente. Ma come faceva? Bello bello non è. È ricco, dottor Roncato?
Macché ricco, ho quello che mi serve. Sono superdotato! E poi noi bolognesi siamo i più simpatici, non c’è niente da fare.
Fin qui, la maschera. Ma le maschere – per esempio le maschere della commedia dell’arte – non cambiano mai, non invecchiano, sono sempre le stesse: gli attori invece cambiano, e ci sono loro dietro le maschere. Così dietro i successi e la bella vita, per Andrea si apriva sempre negli anni ’80 chissà quale abisso.
Per cui la droga, cocaina, tanta. Se ne parlò nel 1988 in questa inchiesta raccontata da Repubblica, ne riparlò lo stesso Andrea Roncato anni dopo a proposito della fine del suo matrimonio – e anche altro: “I più grandi errori della mia vita sono stati la droga quando iniziò la crisi con la mia ex, Stefania Orlando, e aver fatto abortire quattro ragazze che avrebbero potuto darmi un figlio“, ricorda Cinquantamila.
Su MyMovies a proposito di Roncato si parla di un personaggio “kitsch, rutilante e pop – e forse nel privato più esistenziale“: descrizione a nostro parere più che centrata, quella di un Andrea fragile, più umano di Loris Batacchi e della maschera che ha indossato per tanti anni. A cui non si può fare a meno di voler bene.