TV e Cinema
di Sergio Sciambra 22 Giugno 2018

2001: Odissea nello spazio compie 50 anni. Tutto l’universo oltre il film

2001: Odissea nello spazio di Stanley Kubrick è il più importante film di fantascienza della storia del cinema. Vi sveliamo alcuni misteri della sua trama

Ieri e l’altro ieri, per il cinquantesimo anniversario del capolavoro di Stanley Kubrick, 2001: Odissea nello spazio è ritornato nelle sale del nostro paese. Un appuntamento imperdibile per chi ha avuto occasione di vederlo solo sullo schermo della televisione o del pc, oltre che per chi non lo ha mai visto.

Su quelle inquadrature, su quelle musiche, sulle tecniche di regia e la visionarietà di quei 149 minuti si sono spesi fiumi di inchiostro e tante parole si sono spese anche sul significato di un film che, per molti, risulta essere uno spettacolo visivo dal significato ineffabile. O per dirla volgarmente, due ore e mezza di scimmie, silenzi e uomini nello spazio.

Lo stesso Kubrick, alle domande sul significato del film, rispondeva: “Ognuno è libero di speculare a suo gusto sul significato filosofico e allegorico del film. Io ho cercato di rappresentare un’esperienza visiva, che aggiri la comprensione per penetrare con il suo contenuto emotivo direttamente nell’inconscio”

Se questo è vero, e non ci sentiremmo mai di contraddire il Maestro, è anche vero che una ‘spiegazione’ quasi ufficiale, o meglio una versione meno ermetica delle vicende raccontate, esiste. Ed è però fuori dal film. Non in un forum per speculazioni di fan, ma in un libro, e non in un libro ‘tratto da’, ma in libro complementare al film fin dalla nascita delle due opere.

2001:Odissea nello spazio di  Arthur C.Clarke.

Non sempre, infatti, quando di parla di Odissea nello spazio, si parla del fatto che si tratta di un’opera transmediale estremamente ambiziosa per i suoi tempi, una lezione di sviluppo di una storia su piattaforme differenti che, in tempi di connubi sempre più stretti fra video e musica, film e videogames, live e videoarte, assume le proporzioni di un punto di una pietra miliare per il mondo della narrazione a 360 gradi, almeno quanto la pellicola di Kubrick lo è stata per quello della cinematografia.

La sceneggiatura del film è firmata infatti da Kubrick e da Arthur C. Clarke, al quale il regista si era rivolto forse ispirato dalla lettura del racconto La Sentinella del 1948, che con Odissea nello spazio condivide l’idea del manufatto imperscrutabile ritrovato sulla Luna, lasciato lì da intelligenze potenti ed ancestrali, forse per tenere sotto occhio gli sviluppi dei primati del pianeta limitrofo nel volo spaziale e nell’utilizzo di energia nucleare, per scopi che possiamo soltanto immaginare.

La collaborazione fra i Kubrick e Clarke, oltre a dare vita a soggetto e sceneggiatura, influenza anche altri aspetto del film: è anche grazie allo scrittore se 2001 ha un livello di accuratezza scientifica quasi unico per un film sci-fi, nella rappresentazione del volo spaziale di velivoli e umani o nelle scene a gravità zero.

Oltre a essere romanziere, Clarke era infatti anche uomo di scienza, le cui pubblicazioni sul volo spaziale, sull’orbita geostazionaria e i satelliti di comunicazione e in generale sullo sviluppo tecnologico dell’umanità hanno avuto un impatto non trascurabile. Fra le altre cose, aveva previsto l’avvento di qualcosa di molto simile ad Internet, collocandolo ad inizio anni 2000.

Contemporaneamente alla stesura del film, Clarke scrive un romanzo omonimo in cui le vicende narrate e i temi affrontati sono gli stessi, ma sotto una luce diversa. Sarebbe certamente riduttivo vedere il romanzo, capolavoro indiscusso della fantascienza scritta, come una ‘spiegazione’ del film; ma, ripercorrendo la trama del libro e sottolineando le differenze con la pellicola, si delinea un’interpretazione ben precisa di alcune delle sequenze più enigmatiche del film.

Attenzione: se non avete mai visto 2001, correte a farlo e se vi sembrerà di averci capito poco, tornate qui.

Nell’Africa del Pleistocene, un gruppo di uomini scimmia viene visitato da un monolito trasparente che, attraverso giochi di luci caleidoscopici e suoni, spinge la tribù di ominidi a cimentarsi con alcune prodezze tecniche come fare nodi e utilizzare le rocce come utensili. Guarda-la-luna, membro della tribù, impara ad utilizzare un sasso come arma contro i suoi rivali.

Se nel film è intuibile, nel libro è molto più chiaro che il monolito è un dispositivo alieno che ha lo scopo di influenzare lo sviluppo della vita sulla terra, in questo caso agevolando lo sviluppo tecnologico degli ominidi che un giorno sarebbero diventati homo sapiens. Di lì allo spazio, il passo sarà relativamente breve.

Siamo in quello che poi sarebbe diventato un classico scenario da fanta archeologia, con la visita di un’intelligenza superiore a spiegare i momenti nebulosi dell’ascesa dell’uomo. Solo, in una versione metafisica e sacrale che non abbisogna di astronavi sulle piramidi o divinità aliene in carne ed ossa.

Avanti veloce: 2001, sul cratere lunare Tycho viene scoperto un monolito, denominato TMA-1, costrutto artificiale datato a 4 milioni di anni fa.

In una sequenza molto simile a quella del film, seguiamo il dottor Floyd nella sua visita all’oggetto. Sorge il Sole sulla Luna e il contatto con la luce attiva la macchina dormiente, da cui parte un segnale radio indirizzato verso lo spazio.

Ci si sposta poi sull’astronave Discovery, 18 mesi dopo, con l’equipaggio formato dagli astronauti Bowman e Poole, da un team di scienziati ibernati e da HAL supercomputer di bordo, in viaggio verso Saturno. Nel film, per questioni tecniche, si è preferito utilizzare Giove al posto di Saturno.

Qui assistiamo, in quella che è una riflessione sul rapporto fra uomo e intelligenza artificiale pari solo a quelle avanzate da Asimov nel Ciclo dei robot, alla ribellione del calcolatore HAL, che finge un guasto e interrompe le comunicazioni con la Terra. Nei libri, viene chiarito che è a mandare in crisi il povero calcolatore è la direttiva che lo obbliga a mentire ai due astronauti, tenendo segreto fino all’arrivo a destinazione il vero obiettivo della missione, ovvero seguire l’onda emessa da TMA-1 verso Saturno. Scoperto dagli astronauti, che ne progettano la disattivazione, HAL elimina Poole, uccide gli ibernati e tenta di disfarsi anche di Bowman, che però ne distrugge riesce ad avere la meglio sull’IA.

Giunto nei pressi di Saturno, Bowman osserva sulla superficie del satellite Giapeto un cerchio bianco al cui interno c’è il fratello maggiore di TMA-1, un monolito di 600 metri. Fun fact: anni dopo, la sonda Voyager II avrà modo di osservare che la peculiarità dell’albedo di Giapeto, già conosciuta ed osservata anche da Clarke, corrispondeva proprio alla presenza di una zona ovale bianca su un lato del satellite.

‘La cosa è vuota, va avanti per sempre… Oh mio Dio, è pieno di stelle!’

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Queste le parole di Bowman quando si avvicina al monolito gigante. La memorabile sequenza galattico-psichedelica di Kubrick, è descritta da Clarke come una sorta di viaggio nell’iperspazio, fino ad uno Star Gate, una stazione di interscambio galattico dove gigantesche astronavi attraversano passaggi come quello attraversato dal terrestre. Uno di questi lo condurrà in un sistema binario, in mezzo ad una nana bianca e ad una gigante rossa. Proprio lì, si ritrova in una stanza d’albergo, molto meno elegante della camera ottocentesca del film. E’ evidente da alcuni dettagli, come la poltiglia al posto del cibo, che si tratta di un ambiente artificiale per mettere Bowman a suo agio nel momento delicato che lo aspetta: ripercorrere la sua vita fino all’inizio, quando, ridiventato bambino, entra in contatto con un monolito trasparente, uguale a quello incontrato da Guarda-la-luna 4 milioni di anni prima.

L’ominide del Pleistocene è diventato un primate in grado di esplorare il suo sistema solare, di rinvenire e riattivare il monolito lunare e di seguirne il segnale fino a Saturno; è quindi pronto, per le intelligenze misteriose che hanno costruito i monoliti, a percorrere il successivo step evolutivo

E diventare uno Star Child, un essere superiore fatto di pensiero ed energia più che di materia, e dotato di poteri inimmaginabili. Il libro e il film si chiudono con il ritorno di quest’essere, capace di volare nello spazio, nei presso della Terra.

Da questa prospettiva, si apprezza la grandezza del progetto nel suo complesso: Kubrick rilascia un film che è un’esperienza emotiva ed estetica, un viaggio che attraverso immagini e suoni interroga conscio e inconscio sulle origini e il futuro dell’uomo, il suo rapporto con lo spazio, il tempo e la tecnica; contemporaneamente, gli stessi elementi sono sviluppati senza ermetismi dalla prosa chiara e scientificamente rigorosa di Arthur Clarke, che esplicita l’implicito, approfondisce il non detto, in un’opera che è assolutamente complementare e non derivativa.

Questo, però, non vuol dire che la versione del libro tarpi le ali a qualsiasi altra possibile interpretazione: se Clarke diceva ‘Leggete il libro, vedete il film e ripetete la dose quanto necessario’, diceva anche che la sua interpretazione non era necessariamente quella di Kubrick o quella giusta ‘qualsiasi cosa voglia dire’

Si tratta, sì, dell’interpretazione del coautore di soggetto e sceneggiatura, quella che in linguaggio giuridico chiameremmo interpretazione autentica, ma il film è costruito in maniera da essere aperto ad infiniti interrogativi ed interpretazioni, e così è successo. C’è chi ci ha voluto vedere l’ascesa dell’Oltreuomo nietzschiano, chi, un’allegoria sull’uomo completamente slegata dal tema dell’esplorazione spaziale, chi elementi messianico-religiosi, chi un messaggio apocalittico sui pericoli delle armi atomiche.

Proviamo a buttare uno sguardo più in là della trasformazione di Bowman, tenendo presente che seguono possibili spoiler: nel seguito, 2010: Odissea due, scopriamo che a trasformazione di Bowman nello Starchild era solo il primo passo di un piano per rivoluzionare la vita nel sistema solare. Il racconto segue il viaggio della Leonov, un’astronave con equipaggio misto USA-URSS di cui fa parte anche il dottor Floyd e che è partita sulle tracce della Discovery, e della Tsien, nave cinese salpata in segreto con lo stesso scopo.  Nell’orbita di Giove (ricordiamo che Clarke decise, col seguito del libro, di uniformare il luogo dell’azione a quello del film), la Leonov incontrerà il “Grande Fratello”del monolito lunare, apparentemente inerte, e prenderà contatto con lo Star child-Bowman, adesso strumento degli costruttori di monoliti. La Tsien, invece, andrà incontro al suo destino per mano di una creatura che vive nei ghiacci del satellite Europa. Dopo giorni di osservazione, la Leonov viene messa in guarda da Bowman e fugge da Giove mentre milioni di monoliti comparsi sulla superficie del pianeta, assorbendone i gas, ne provocano il collasso e la trasformazione in Lucifero, la seconda stella del nostro sistema solare.

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Attraverso un messaggio di Bowman, le intelligenze aliene consegnano all’uomo i nuovi mondi di Lucifero, le ex lune di Giove scaldate dal nuovo astro. Con un unico divieto da Antico Testamento: stare lontani da Europa, futura culla di una nuova civiltà intelligente che, qualche migliaio di anni dopo inizierà, a speculare sull’esistenza di forme di vita aliene osservando delle luci muoversi nel cielo.

 

Proprio ai contatti della Terra con Europa sono dedicati i due seguiti, in cui però va esaurendosi la vena di originalità e ambizione che caratterizza i primi capitoli. Da Odissea due viene tratto nel 1984 un film diretto da Peter Hyams, che però soffre ovviamente del confronto con il capolavoro di Kubrick e nonostante la buona accoglienza non riesce a diventare un caposaldo del genere.

Molto più interessante, per certi versi, l’adattamento a fumetti pubblicato dalla Marvel nel 1976 su matite e sceneggiatura di Jack Kirby, insieme a Stan Lee il creatore di buona parte dell’universo dei fumetti Marvel, dai Fantastici Quattro ai Vendicatori passando per Thor e gli X men. Con le sue tavole popolate di macchine incredibile e paesaggi spaziali al confine con la psichedelia, con la sua prosa epica e il suo tratto dinamico e potente, Jack ‘The King’ è l’autore perfetto per occuparsi dell’adattamento di 2001. Per chi ha visto il film ma non conosce il romanzo, l’adattamento è una rivelazione: lo stile verboso di Kirby ottiene lo stesso effetto esplicativo ed esplicitante degli enigmi di Kubrick.

Riscuote infatti molto successo, così che la serie continua per una decina di numeri ispirati al film, in cui Kirby racconta di altri interventi del monolito nella storia umana fra preistoria, presente e futuro, suggerendo che la via dell’evoluzione sia costellata di vari ominidi ‘miracolati’ e di vari Star Child,  fra cui addirittura un robot, Machine Man, che poi verrà integrato come personaggio nell’universo Marvel.

Ciliegina sulla torta: in Italia, la seria viene pubblicata dall’Editoriale Corno in appendice a Gli Eterni, capolavoro kirbyano che parte da premesse fanta preistoriche non troppo dissimili da quelle di Odissea nello spazio, ma in chiave mitologico-supereroica.

 

Ovviamente una storia dall’impatto culturale enorme come quella dell’odissea di Clarke/Kubrick non può che diventare oggetto di decine di citazioni e parodie: Mel Brooks, Woody Allen, Leslie Nielsen, South Park e decine di altri. Solo nei Simpson se ne contano varie (‘Homer nello spazio’ e un episodio di ‘La paura fa novanta XII’ del 2001, per dirne due).

Come al solito, si distingue fra le tante la Rat-parodia di Leo Ortolani, La Sentinella. Il titolo e la storia, ci dicono che il riferimento diretto è più alla saga letteraria che al film, oltre che immancabilmente al fumetto di Kirby, maestro assoluto di Leo: Rat-Man ha l’incarico di proteggere uno scienziato dalle fattezze di  Peter Cushing, il Moff Turkin di Star Wars, che in conferenza stampa presenta al mondo un monolito da lui rinvenuto, responsabile della trasformazione degli uomini-scimmia in esseri intelligenti (comunque meno degli astuti criceti) e in grado di evolvere nuovamente l’uomo. Alla fine di una storia costellata dalla solita serie di gag geniali e momenti più seri, solo lo scienziato accoglierà il dono, diventando il Bambino delle Stelle.

Insomma, 50 anni dopo la sua uscita, 2001: Odissea nello spazio è di nuovo al cinema, è ancora un film dibattuto e discusso, analizzato al dettaglio, è circondato da una ragnatela di seguiti, opere derivate, complementari, parodie, canzoni (Space Oddity anyone?) che si dipana per mezzo secolo, ispirata dalle domande (e dalle possibili risposte) lanciate sul tempo, lo spazio, l’uomo, la morte. Addirittura, nel 2001 la NASA lancia sul pianeta rosso la sonda ‘2001: Mars Odissey’, mentre a Clarke è stato dedicato un asteroide, 4923 Clarke.

Se non è questa l’immortalità.

 

 

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