Sulle note di I’m the Walrus dei Beatles nella versione degli Spooky Tooth si è conclusa la nona e ultima puntata della serie Watchmen, certamente uno dei grandi fenomeni legati al mondo dell’intrattenimento e della cultura pop in generale di quest’anno. Magari ne avrete sentito parlare già in altre istanze ma in questo pezzo vogliamo darvi almeno dieci buone ragioni per cui, senza se e senza ma, questa serie appena terminata è già, oltre che una delle serie migliori del 2019, anche una delle serie-cult di questo decennio, vero e proprio architrave dello spirito dei tempi. E tranquilli: non faremo alcun tipo di riferimento ad avvenimenti della trama che potrebbero essere definibili come anticipazioni o spoiler.
La gestione della narrativa e della sceneggiatura
Damon Lindelof è un fottuto genio. Quante volte ci siamo ritrovati a pensare se non proprio a esplicitare a parola questo concetto. Già perché il modo in cui la narrativa è presentata in Watchmen è davvero molto particolare, quasi un esempio unico per le serie televisive, con, forse, l’esclusione di Lost. Infatti la serie si prende tutto il tempo di questo mondo per ingranare e anzi, fino, grosso modo, alla terza se non quarta puntata (su un totale di nove complessive!) in molti siti e riviste specializzate veniva tacciata di eccessiva lentezza. E invece questo scoppio ritardato era tutto voluto e previsto dallo stesso Lindelof che, come una specie di direttore d’orchestra e grande demiurgo che tutto scruta dall’alto, voleva fare di Watchmen un enorme imbuto: largo e lento al centro, dove si raccoglievano tutti gli elementi della trama, stretto e ripido in fondo, quanto tutti i nodi arrivavano al pettine. Tranne uno, tranne l’ultimo, perché che The End sarebbe senza la possibilità di un The End con il punto interrogativo alla fine?
Attori giusti al posto giusto al momento giusto
Ne citiamo giusto un quartetto ma anche i comprimari recitano in maniera sublime. Le prestazioni attoriali Regina King aka Angela Abar, di Don Johnson/ Judd Crawford, di Yahya Abdul/ Mateen II e di Louis Gossett Jr. aka Will Reeves senza dimenticare Laurie Blake interpretata da Jean Smart sono praticamente perfette. Non soltanto dal punto di vista dei tempi delle battute e del modo in cui vengono espresse ma anche partendo dalla loro fisicità e volti. Molto più che nella trasposizione cinematografica di Zack Snyder gli attori sembrano essere e incarnare perfettamente i personaggi del fumetto o comunque sono coerenti con l’estetica originale dell’opera scritta dall’autore britannico Alan Moore e illustrata dal suo connazionale Dave Gibbons.
Tradire con arte l’opera originale significa rispettarla al massimo grado
E a proposito del rapporto con l’originale Watchmen a fumetti anche qui la serie si supera. Già perché le nove puntate di HBO non solo traducono nel linguaggio trans-mediale attuale l’opera di Moore e Gibbons ma, senza alcun tipo di paura, la tradiscono volutamente senza però tradire di un millimetro il senso del graphic-novel. Nonostante il tradimento operato, ovvero quello di riscrivere un certo determinato personaggio, sicuramente non centrale nel racconto a fumetti ma fondativo per tutta una serie di motivi, Lindelof sono riusciti ad essere coerenti con il messaggio degli autori Moore e Gibbon andando addirittura oltre, ovvero parlando di storia, politica e rapporti sociali in una serie di massa. Per riassumere: ma ci fu tradimento più rispettoso dell’originale come questo.
Geo-politica e tempi moderni
Senza fare spoiler ma parlando dei primi tre minuti della prima puntata della serie, Watchmen fin da subito fa i conti con la storia americana, proprio come il fumetto. Infatti in questi primi, fondamentali minuti, si fa riferimento al famigerato massacro di Tulsa, ovvero uno degli episodi più violenti e sanguinosi della lunga storia del razzismo made in Usa. Nel 1921 nella cittadina di Tulsa si era sviluppata una fiorente società afromericana che aveva fatto fortunata, tanto da essere soprannominata “Black Wall Street”. Ecco proprio nel 1921 questa comunità viene attaccata selvaggiamente dal locale gruppo del Ku Klux Klan che capeggiato dai più importanti rappresentati delle famiglie e dei politici locali, opera un vero e proprio massacro. Ecco iniziando così, con un episodio storico veramente accaduto ma raccontato come se fossimo davanti all’episodio primigenio di una serie a fumetti (cosa che anche è) Watchmen di HBO non si è voluta nascondere neppure un secondo: questa serie non parla di una Terra alternativa e di una linea temporale diversa dalla nostra. No, non solo: parla anche e soprattutto di noi e della nostra società.
La colonna sonora
Tutti quanti ci ricordiamo l’intro di Watchemen il film giusto con The Times They Are a-Changin’ di Bob Dylan in sottofondo no? Ecco, bellissimo vero? Sì certo ma, come abbiamo detto, quel pezzo di Dylan era in sottofondo. In Watchmen nessuna musica è solo e semplicemente sottofondo ma è sempre uno strumento diegetico alla narrativa. Infatti, ad un certo punto, quando le lancette dell’orologio della narrativa scatteranno in avanti e andranno più velocemente, ecco che ci saranno pezzi dedicati solo ed esclusivamente al colore blu e, proprio come ricordato all’inizio del pezzo, la frase “I’m the eggman” della canzone dei Beatles non sarà usata a caso. Insomma siamo davanti ad un vero e proprio pezzo di alta orologeria narrativa, anche a livello di commento sonoro.
I rapporti umani
Quante volte ci accorgiamo praticamente subito di assistere a qualcosa di finto su schermo. Cinema, serie tv o videogiochi non conta: nella stragrande maggioranza dei casi è proprio sui rapporti e sulle reazioni umane che si consuma il tradimento con lo spettatore che, in un lampo, vede spezzarsi la propria sospensione dell’incredulità per accettare il fatto di stare assistere a qualcosa di non vero. Ecco in Watchmen, nonostante si tratti di un racconto di supereroi in fondo, questo non avviene mai perché le relazioni, i rapporti e le reazioni umane sono sempre scritte in punta di penna, verosimili e condivisibili. Non abbiamo di fronte a dei pupazzi che si muovono come vuole il regista, noncuranti di tutti e di tutto: no, vediamo delle persone, con pregi e, soprattutto, enormi difetti e problemi.
I plot-twist
Non bisogna mai dimenticarsi che Watchmen è un prodotto realizzato per intrattenere e che non abbiamo davanti un trattato di critica letteraria. Ecco perché è importantissimo che la serie sia costellata da improvvisi plot-twist, ovvero snodi cruciali della trama che sorprendono e ci tengono con il fiato sospeso. Watchmen, come poche serie, riesce per davvero a stupire il lettore e per le trovate e per la riproposizione, in ben determinati momenti di personaggi che, volutamente, erano stati lasciati in secondo piano. Del resto il fattore tempo è fondamentale in questa serie: se la trama fosse raccontata in modo cronologico sarebbe piatta e invece, proprio per quel tempo misto che è un po’ la cifra del nostro tempo perennemente connessi in cui tutto è presente, è assolutamente sublime.
Viaggiano l’alto il basso senza abbelimenti
Ci sono le scazzottate e le spiegazioni dei ragionamenti, ci sono le sparatorie e i momenti di puro affetto, ci sono le scene sanguinolente e violente ma anche quelle didascaliche quasi da slap-stick comedy. Ecco in Watchmen coesistono l’alto e il basso ed è per questo che come serie non è pesante. Non è una serie, per citarne una che con gli sbalzi del tempo cronologico ci gioca un sacco, come Dark, no, nient’affatto. Watchmen è per tutta una serie di motivi una serie pop ma non scontata. Non vuole presentare su schermo ciò che il pubblico vorrebbe e si aspetterebbe ma vuole stupire. Ha un coraggio dell’accidente in certe scelte ma non un coraggio fine a se stesso: un’arditezza che è sempre e comunque funzionale alla propria narrativa e alla propria coerenza interna.
Spettacolare senza strafare
Un altro problema che ha avuto il film è stato la critica per gli effetti speciali e i personaggi in cgi, giudicati realizzati in malo modo. Ecco la serie Watchmen, proprio per il fatto del medium di appartenenza, ovvero la serie tv, non ha il budget di un film hollywoodiano in fatto di fx design però, volutamente, gioca in un altro campionato. Infatti riesce a mantenere una buona cifra di spettacolarità quando serve ma mai sfrutta un effetto speciale o un dato potere solo per riempire un po’ la trama, no mai. Anzi, in tutta la serie, quando vengono evocati o utilizzati determinati super-poteri è come se Watchmen quasi si scusasse con lo spettatore. Uno spettacolo assoluto senza strafare, di grandissimo gusto insomma.
Il miglior sunto possibile sulla Storia d’America e sulla nostra società
In chiusura un ultimo e per noi fondamentale ragionamento. Watchmen è una serie uscita nell’anno domini 2019 e non potrebbe essere letta senza l’accompagnamento di questo dettaglio cronologico. Già perché Lindelof ci ha tenuto in modo particolare a portare su schermo tutta una serie di temi che, mai come in questi anni, sono diventati capitali per la società americana in particolare ma anche a livello globale: ovvero l’integrazione, il razzismo e, ultimo e non ultimo, la presenza/ruolo della tecnologia nelle nostre vite. Ecco di tutti questi capitali argomenti si parla e si discute in Watchmen mai però in termini filosofici ma sempre presentandoli come strumenti narrativi coerenti con lo sviluppo degli stessi personaggi. Ecco perché Watchmen non è la serie dei supereroi al tempo di This is America di Childish Gambino e della Presidenza Trump ma anche questo. Ed è per questo motivo, anzi per queste plurime ragioni che, almeno per noi, non solo è la Serie con la lettera maiuscola di quest’anno ma anche una delle espressioni intellettuali e creative più importanti di questo decennio.
Justice? Justice is coming to all of us. No matter what the hell we do.