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di Mattia Nesto 3 Settembre 2017

Uncharted – L’eredità perduta è uno splendido videogioco tutto al femminile

Nell’ultimo capitolo del franchise d’avventura più famoso nel mondo, le protagoniste sono due ragazze che spaccano

 

Quando è stata annunciata l’uscita di un DLC (leggasi contenuto scaricabile) di Uncharted 4, nel mondo videoludico è immediatamente scattato l’hype dei giorni migliori. Già perché il franchise di Uncharted è una delle serie di maggior successo a livello mondiale, che ha consacrato la Naughty Dog ad assoluta top player del settore. Superare o quantomeno eguagliare il quarto capitolo tuttavia non era impresa facile: eppure questo Uncharted L’eredità perduta (Playstation 4) va perfino oltre, andando a riproporre le dinamiche della serie più amate dai videogiocatori  e inserendovi delle chicche di assoluto valore.

 

 

Protagoniste sono Chloe Frazer, famosa ladra ed esperta di archeologia indiana, già incontrata in Uncharted 2 e 3 e Nadine, mercenaria di grande talento braccio destro di Rafe Adler in Uncharted 4. Due personaggi quindi già noti che però in questo capitolo si arricchiscono sia dal punto di vista del proprio vissuto sia da quello dei rapporti personali. Già perché in The Lost Legacy, mentre si va per l’India più selvaggia e misteriosa (i monti Ghati occidentali) alla ricerca della mitica zanna di Ganesh, tramite il più perfetto e riuscito dei plot, le due protagoniste evolvono letteralmente davanti ai nostri occhi, scoprendo, mano a mano che si prosegue nell’avventura, capitoli della loro vita passata, sfumature inedite del loro carattere ed anche la necessità di dover collaborare, come alleate o come amiche non fa troppa differenza, per poter portare a casa l’obiettivo della missione.

 

 

Come nella migliore tradizione degli Uncharted, anche stavolta hanno raggiunto un riuscito equilibrio tra action-game e avventura animata story driven: ovvero si spara che è una meraviglia e si debbono guidare jeep in fiamme nel bel mezzo di un inseguimento nella giungla, ma si assiste anche a una storia pregna di contenuti, di improvvisi twist, di comparse a sorpresa di personaggi noti e meno noti, con alla base una solida ricerca dal punto di vista mitologico e storico dell’India. A metà strada tra un’avventura a fumetti di Zio Paperone e un racconto perduto di Coleridge, Uncharted L’eredità perduta lascia il videogiocatore estasiato, in una serie rutilante di emozioni.

 

 

Rispetto ad Uncharted 4, la parte esplorabile della mappa di gioco è molto più minuscola, donando però un’immersione maggiore nell’avventura al giocatore. I mercati indiani, le piccole botteghe che vendono cibo o vestiti, le colossali rovine di un passato antico e sconosciuto, oppure il fango vicino ad un fiume o ancora le scimmie che corrono di albero in albero: tutto compete a far sì che L’eredità perduta diventi non soltanto una festa per gli occhi ma anche una festa per il cuore, gettando il giocatore nel bel mezzo dell’azione, facendolo sentire parte integrante della storia e coinvolgendolo come non mai.

 

 

Le protagoniste sono due donne forti, che imparano a conoscersi vicendevolmente ed ad aiutarsi l’una con l’altra. Questo è certamente un capitolo “al femminile”, con tutte le donne o anche le bambine che fanno una figura migliore rispetto agli uomini, messi in secondo piano e trattati alla peggio di bambinoni senza sale in zucca (perfino il tutt’altro che amichevole antagonista viene a più riprese bellamente trollato dalle due). Ma ancora più interessante è scoprire come il mondo di Uncharted L’eredità perduta sia incredibilmente veritiero e dettagliato. Parafrasando il titolo del bellissimo libro di Arundhati Roy Il dio delle piccole cose, la grande bellezza di questo videogioco sta nei dettagli. La descrizione di un ventilatore arrugginito in un negozio da rigattiere, un quadro appena illuminato dalla fioca luce di una lampada ad olio oppure ancora uno stormo di fenicotteri rosa sorpresi vicini ad uno specchio d’acqua. Anche se qui quasi è programmato nel dettaglio, il mondo  di Uncharted L’eredità perduta è un mondo vivo e palpitante, tutto quanto davanti ai nostri occhi.

 

 

Abbandonati ormai i panni delle o fatalone sexy à la Tomb Raider (anche se ci sarebbe da discutere su questo personaggio) o delle tontolone inutili e da salvare (vero Principessa Peach?), le eroine di Uncharted (così come la Aloy eroina del fantastico Horizon Zero Dawn) sono tratteggiate con grande cura e attenzione per tutte le sfumature caratteriali e psicologiche. Molto più simile, forse, ad un bel film di avventura che ad un videogioco nudo e crudo, questo Uncharted L’eredità perduta è contemporaneo, figo e mondialista come un pezzo di M.I.A., cantante all’anagrafe Mathangi  Arulpragasam. Neanche a farlo apposto di origine tamil, cioè di Ceylon, l’isola più grande e famosa dell’India.

 

 

 

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