Questa notte l’astronauta americano Scott Kelly è ritornato sulla Terra dopo aver passato un anno nello spazio. Dopo un viaggio di sette ore, è atterrato in Kazakhstan e sta bene. Si conclude, così, la prima parte del progetto della NASA One-Year Mission, il cui compito è esaminare l’effetto che una prolungata permanenza nello spazio può avere sul corpo umano.
Kelly è rimasto in orbita per 340 giorni durante i quali è stato monitorato continuamente e ha dovuto usare strumenti particolari che lo aiutassero a non perdere del tutto il senso dell’equilibrio, la prima e immediata conseguenza del dover vivere in una condizione di assenza di peso (nello spazio il termine gravità zero non è così corretto, è più giusto parlare di microgravità).
Ora per Kelly inizieranno diversi test e programmi di riabilitazione che lo aiuteranno a riprendere tutte quelle attività considerate normali per chi vive sulla Terra – come avere una postura eretta corretta o star seduto su una sedia – e che forniranno agli studiosi della NASA una serie di dati molto utili allo scopo del progetto, da aggiungere a quelli già registrati dall’astronauta durante la sua missione.
Come ha dichiarato Graham Scott, vice presidente del National Space Biomedical Research Institute: “quando una persona viene posta in un ambiente diverso, le cellule del suo corpo possono avere uno shock e andare incontro a cambiamenti”. Nel caso di Kelly, si è notata subito un’evidente diminuzione della massa muscolare del tessuto osseo: ciò è dovuto al fatto che se sulla Terra la forza di gravità obbliga i muscoli di una persona ad uno sforzo continuo per sostenerne il peso, nello spazio questo tipo di esercizio costante viene a mancare. I muscoli ed i vasi sanguigni lavorano molto meno e, in sostanza, si impigriscono.
La microgravità ha anche effetti sulla pressione sanguigna e sui fluidi corporei: il sangue raggiunge più difficilmente le parti basse del corpo – in primis le gambe – e si concentra più nella testa creando diversi problemi circolatori, oltre ad un rigonfiamento della parte posteriore degli occhi che, dopo parecchi mesi, può avere conseguenze anche sulla vista.
Infine, dal momento che un astronauta in orbita non mangia le stesse cose che mangerebbe sulla Terra, è stato registrato un cambiamento della flora intestinale e, più in generale, un indebolimento del suo sistema immunitario.
Una delle cose più interessanti della One-Year Mission è che, per tutto il periodo in cui Kelly è rimasto nello spazio, è stato messo sotto osservazione anche il suo fratello gemello Mark, perfettamente identico a lui. Fa parte del progetto della NASA Twins Study ed è utile per capire se determinati cambiamenti siano davvero dovuti alla vita spaziale o derivino da fattori genetici.
FONTE | theverge.com