Nonostante gli enormi progressi fatti nel mondo dei videogiochi, alcuni aspetti che li caratterizzano sono rimasti praticamente immutati nel corso degli anni e sono riconoscibili in titoli separati tra loro da decenni. Uno di questi aspetti è la costante presenza dei minigiochi: piccole attività secondarie che, inserite in un titolo più ampio, si aggiungono all’intrattenimento offerto dal gioco. Si tratta di attività capaci di rispondere a diverse esigenze, variando in maniera spesso sorprendente. Vediamone alcuni.
Una delle esigenze più ovvie, nonché probabilmente quella più risalente, è l’utilizzo di un minigioco come momento di pausa dallo svolgimento delle vicende principali. Qualsiasi gioco narrativo fa i conti con il bisogno di offrire piccole attività collaterali per svagarsi tra una missione e l’altra, e a tal fine un minigioco si rivela a dir poco perfetto. Prendiamo per esempio un titolo che, come tradizione della serie a cui appartiene, affianca alle missioni della storia un numero enorme di attività collaterali. Parliamo di GTA San Andreas, uno dei capitoli più amati della storica saga. Tra le tante attività secondarie con le quali ci si può intrattenere tra una missione e l’altra, una delle più iconiche è rappresentata dai cabinati. Sono macchine sparse per i locali del gioco e permettono di giocare a semplici giochi arcade, che richiamano storici coin-op della storia del videogioco, fornendo una pausa dallo svolgersi della trama.
In altre circostanze i minigiochi sono dei veri e propri party games, specialmente nei casi di giochi multigiocatore: sono comunque pensati per essere giocati da più persone, ma con uno spirito totalmente differente da quello del gioco principale. Un ottimo esempio è Tekken Ball, introdotto in Tekken 3 del 1997. Difficile che qualcuno non conosca una delle serie più longeve del genere picchiaduro, dove i giocatori controllano un combattente e si sfidano utilizzando diversi stili di lotta. Nel terzo capitolo gli sviluppatori pensarono di introdurre una modalità ben più scherzosa, nella quale le mosse dei combattenti dovevano colpire un pallone da far finire nel campo dell’altro giocatore. Un minigioco sicuramente lontano dall’approccio combattivo di Tekken, ma che ha riscosso un successo formidabile.
Altre volte invece i minigiochi sono utilizzati con particolare attenzione per contestualizzare il mondo di gioco. Possono infatti contribuire a creare un setting, a popolare le mappe e ad arricchire la lore, risultando in questo una risorsa eccezionale. Pensiamo per esempio al poker: in termini professionali e sportivi il poker sulle piattaforme in rete è l’unico che si può praticare anche in senso competitivo, ma in senso semplicemente ludico è comparso in dozzine di giochi, spesso legato ad ambientazioni ben precise. Si tratta delle ambientazioni western, ed è veramente difficile trovare un gioco ambientato nel Far West che non includa la possibilità di giocare a poker. Tanto per fare alcuni esempi possiamo citare Red Dead Redemption 1 e 2, Gun e Call of Juarez, tutti titoli nei quali possiamo sederci a un tavolo di un saloon per un minigioco di poker.
In altre occasioni infine un minigioco può rispondere contemporaneamente a più esigenze, magari fornendo un diversivo ma allo stesso tempo contestualizzando l’ambientazione, e può farlo talmente bene da risultare a sua volta un gioco completo. Il minigioco diventa così un vero e proprio videogioco nel videogioco, con il quale gli utenti finiscono per passare tantissimo tempo. Un esempio è Machine Strike, un gioco da tavolo che è possibile giocare su Horizon Forbidden West. Per contestualizzare, il videogioco è ambientato in un futuro postapocalittico dove l’umanità, organizzata in tribù, si scontra con robot ostili. Le tribù del gioco hanno quindi inventato un gioco da tavolo che, come gli scacchi, utilizza pedine per mettere in scena scontri tra i robot. Gli sviluppatori hanno pensato a questa attività per arricchire la lore del gioco e contestualmente fornire uno svago, ma ne è uscito un minigioco talmente coinvolgente da appassionare i videogiocatori allo stesso livello del gioco principale. Lo stesso è accaduto con The Witcher 3 e il suo principale minigioco, Gwent. Si tratta di un gioco di carte collezionabili, che rappresentano personaggi e creature del mondo fantasy, dove ogni giocatore compone il suo mazzo e sfida altri personaggi, anche in tornei e missioni. Il Gwent è risultato immediatamente apprezzatissimo dai videogiocatori, tanto da ironizzare sul protagonista che, tra una drammatica missione principale e l’altra, passava ore a giocare a Gwent. Gli sviluppatori hanno persino deciso di rilasciare titoli incentrati esclusivamente sul Gwent, di fatto promuovendo a videogioco autonomo quello che era nato come semplice minigioco.
Quello tra videogiochi e minigiochi è quindi un rapporto estremamente sfaccettato, cosa che contribuisce a rendere questi ultimi delle aggiunte irrinunciabili.