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Safari a Chernobyl, dove gli animali (non) hanno 2 teste.

Uno dice “Chernobyl” e il primo pensiero è “radiazioni”, “disastro nucleare”, “pesce triocchi dei Simpson”

D’altronde l’esplosione del reattore nucleare nel 1986, il più grave incidente nucleare nella storia insieme al recente disastro a Fukushima (Giappone), ha fatto sì che Chernobyl, da piccola e sconosciuta cittadina dell’Ucraina, si sia posizionata al top nell’immaginario collettivo come città più tristemente famosa al mondo, con tutti i fantasmi e le distorsioni della realtà connesse. Ad esempio, si sa che sono state sfollate 300mila persone, all’epoca, e che quelle rimaste hanno avuto altissimi gradi di  esposizioni alle radiazioni (con picchi di tumori e altre malattie derivate), il rapporto ONU ufficiale parla di 45 morti dirette e 4000 decessi negli 80 anni successivi (ovviamente altri rapporti non ufficiali decuplicano le cifre). Insomma, l’abbiamo già scritto, un disastro vero e proprio.

Ma le cose, per fortuna, sono andate avanti da quel 1986. La natura ha ripreso il suo corso, inarrestabile.

Ne sono prova le fotografie del biologo Sergey Gaschak, che dal 1995 documenta la presenza e la quotidianità delle specie animali che hanno ripopolato i luoghi spettrali del disastro. Le foto del dott. Gaschak sono un vero e proprio foto-safari in quello che è al momento a tutti gli effetti il “parco naturale” più ampio e selvaggio d’Europa. Sono potentissime, perchè se dici Chernobyl uno si immaginerebbe scheletri e desolazione, oppure animali a 2 teste e deformazioni assortite e invece no, a guardare le foto sembra tutto tornato alla normalità, cioè a ben prima dell’insediamento dell’uomo. Natura selvaggia. La morale? Sempre la stessa: la Natura (e la Bellezza) vincono sempre sulla stupidità dell’uomo.

 

 

 

 

 

 

 

 

 

Stefano Disastro

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