L’idea che strutturare l’ufficio in un unico open space sia utile, innovativo e produttivo, è un mito che ci portiamo dietro da fin troppo tempo. Secondo quanto riporta la Facility Management Association, il 70% delle aziende americane adottano questo tipo di disposizione e per anni è stato il simbolo di molti dei nomi più importanti della Silicon Vallery, a partire da Google fino ad arrivare a Facebook (Zuckerberg chiese esplicitamente al famoso architetto di Frank Gehry di creare il più grande piano di lavoro del mondo).
I motivi per cui l’open space è così amato – in particolare dai capi delle aziende – sono facilmente intuibili: si sfrutta al massimo lo spazio abbattendo i costi, i dipendenti si sentono costantemente sotto controllo evitando così di frequentare social network (o peggio ancora) e riducendo le lunghe chiamate personali al cellulare. Certo ha anche i suoi lati negativi, e pure parecchi.
Il Washington Post ha dedicato un articolo all’argomento: in uno studio del 2013 si è scoperto che quasi il 50% del campione intervistato si lamentava di questo metodo di lavoro e dei propri risultati in termini produttivi e circa il 30% soffriva della mancanza di privacy. Se uno dei punti di forza dell’open space è sempre stato quello di facilitare la comunicazione tra i dipendenti, il sondaggio affermava invece che, per tutti i tipi di lavoratori, solo il 10% lo vedeva come un vero problema, a prescindere dal tipo di ufficio in cui si trovava.
Di contro, una ricerca del New Yorker afferma che il clima rilassato e incline al cazzeggio può creare con facilità un certo tipo di cameratismo che porta a giustificare le inefficienze e gli scarsi risultati in nome dell’innovazione e della possibilità di comunicare più liberamente. Il senso di riservatezza, invece, può spingere il dipendente ad ottenere performance migliori. Per non parlare della musica: è una delle prime fonti di distrazione e, secondo quanto afferma lo studio, il calo di produttività “raddoppia negli spazi completamente aperti rispetto agli uffici singoli”.
Se un manager vuole davvero che i suoi dipendenti lavorino tutti insieme, è necessario che imponga delle regole che regolino i rapporti tra chi condivide quello spazio: che si tratti del ridurre al minimo la musica ed il rumore, fino a creare angoli dove chi lavora possa trovare un minimo di privacy. Oppure può sperimentare il lavoro da casa – noi di Dailybest possiamo dire che funziona – trasmetterà un senso di fiducia e, al contempo, noterà che la produttività aumenterà perché, come dice questo studio, a casa le pause si fanno più brevi, le distrazioni spariscono e il dipendente lavora meglio.
FONTE | washingtonpost.com