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L’enciclopedia italiana di scienze, lettere ed arti più nota del nostro Paese prende il nome dal suo fondatore, Giovanni Treccani, ed è stata istituita nel 1925 col sostegno del governo fascista che aveva intenzione di realizzare un’opera di editoria paragonabile alle omologhe britanniche e francesi per porre solide basi culturali al regime. Quest’ambizione di grandezza fu la fortuna dell’Enciclopedia stessa, infatti, anche Giovanni Gentile, l’intellettuale più vicino a Mussolini, per realizzare un compendio dell’intellighenzia italiana non poté esimersi dal coinvolgere esponenti dei diversi ambiti (artisti, scienziati e letterati) ebrei o aspramente contrari al fascismo.
A quasi un secolo dalla sua nascita, la Treccani ha smesso i panni d’istituzione vetusta e, puntando sui social (assumendo uno o più social media manager bravissimi) è divenuta un vero e proprio fenomeno moderno. I profili Facebook e Instagram della Treccani non si limitano a essere un’estensione ufficiale dell’enciclopedia, ma si pongono a un nuovo livello di comunicazione che esula dai confini grammaticali e ufficiali (l’utilizzo dei meme per spiegare l’etimologia dei termini ne è un esempio lampante).
La Treccani, insomma, continua ad assolvere il proprio ruolo storico, perpetrando il lavoro di esegesi della lingua ma adeguandolo ai tempi correnti, e quindi a un contesto lessicale completamente differente – quello dell’ “Italiano 2.0”, figlio della musica indie e trap e della terminologia delle sottoculture internet – dal quale emergono molti dei neologismi che entrano a tutti gli effetti a far parte del nuovo dizionario, svolgendo così un’operazione utile su due fronti: interpretando la voce dei nuovi giovani ma venendo incontro anche agli utenti più anziani, aka boomer (sull’enciclopedia si possono ad esempio trovare le definizioni di “flexare” e “cringe”). La Treccani da istituzione culturale è divenuta icona di cultura pop, e come poteva celebrare al meglio a vittoria dell’Italia agli europei se non inserendo un nuovo termine nel vocabolario?
Se in quest’articolo definivo il colpo di Insigne una giocata meno elegante, e quindi non degna di avere un nome proprio, a quella simile ma di trent’anni antecedente attribuita a Del Piero, ora devo rimangiarmi tutto. A differenza dei casi precedenti, i termini “balotellata” e “cassanata”, provenienti da calciatori ma relativi alla loro condotta extracalcistica, il colpo d’Insigne è diventato l’archetipo di una nuova parola per puri meriti sportivi. Adattamento del napoletano parlato, nato dall’eliminazione degli spazi tra la preposizione “a” e i termini “tiro” e “giro”, tir a ggir, con la solita musicalità partenopea, sintetizza alla perfezione la repentinità di un colpo così iconico da meritare una definizione ufficiale. Tiraggiro: “Nel calcio, il tiro a giro, fatto colpendo il pallone in modo da imprimergli un forte effetto a rientrare”.
Contestualizzato:
“Mah Insigneeeeeeee CHESFACCIMMADIGOL ILTIRAGGIROOO IL TIRAGGIRO! MIRACOLO”
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