Quelli che vedete in questo post sono tre esempi di come una notizia falsa possa essere presa per vera e diventare virale: la notizia che Facebook diventerà a pagamento e due dichiarazioni della NASA, una sugli alieni in arrivo e una su sei giorni interi di buio.
Se letto con velocità, il nome del sito in questione sembra Repubblica, ma in realtà è ReBubblica (con la B) e il suo indirizzo è rebubblica.altervista.org. Fate un giro a questo indirizzo e troverete una serie di notizie false, create ad arte con il solo scopo di raccogliere clic e guadagnare qualche soldo dai banner.
Non siamo di fronte a un sito che sostiene bufale come l’esistenza delle scie chimiche o di chissà quale complotto, né a un progetto satirico come lo splendido Lercio, ma a un sito che crea e diffonde falsità. Falsità che attecchiscono, perché la notizia su Facebook ha ricevuto circa 27mila like e 100mila visualizzazioni.
Si dirà: amen, furbi loro e stupidi quelli che ci cascano. Vero, ma solo finché si tratta di notizie di questo tipo. Pensate se questa diffusione l’avesse avuta una notizia in cui si rivolgeva a un personaggio pubblico un’accusa inventata: è il prossimo passo, basta attendere.
Se non ha molto senso sperare che i siti smettano di pubblicare questa spazzatura, bisogna augurarsi che il pubblico la riconosca in quanto tale. Si tratta banalmente di comprensione del testo, la stessa che tutti abbiamo (più o meno) assimilato alle elementari, ma che andrebbe adattata al mondo di internet. In sostanza, quello che abbiamo provato a spiegare qui.