Informazione, arte, tecnologia, sogni, web, musica, futuro, cinema, geek, follia: vieni a scoprire cosa hanno in comune nel nostro remix quotidiano di notizie.
Siamo negli anni ’80 e qualcosa, oppure negli anni ’90. Cambia poco, solo qualche casco in più in testa e qualche coppia in meno su un cinquantino. Si parla di motorini, quelli glorificati dai Lunapop e dalla copertina di Jovanotti col Fifty, ma anche di quelli da sfigati cronici, con cui non ci raccattavi un’uscita a due nemmeno a pregare.
Di quelli ereditati dai genitori o dai nonni, di quelli voluti a tutti i costi oppure quelli di cui c’era da vergognarsi. Motorini per ricchi, per poveri, per smanettoni che li truccavano con le marmitte, che in quegli anni lì erano più famose delle popstar. Polini, LeoVince, Proma, che facevano un casino come se fosse atterrato uno Shuttle della NASA e poi vedevi passare un ragazzino col motorino che andava a 20.
I motorini sono sinonimo di gioventù e di spensieratezza, poi si passa alla macchina normale, alla monovolume, poi i più fortunati ritornano al mini scooter per anziani, in modo da investire i giovani al supermercato e farsi due risate.
Ecco quelli che hanno nel bene e nel male segnato la nostra vita.
Col Fifty eri uno sbruffone che al successo con le donne preferiva il rispetto degli uomini. Era un tubone fra i più venduti, andava veloce e aveva il manubrio tipico del chopper. Praticamente, la moto di chi non poteva ancora permettersi la moto. È stato pensionato onorevolmente nel 1994.
Lo scooter adatto agli esibizionisti, infatti è stato perfetto per la transizione tra il vecchio e il nuovo millennio. Davanti aveva una griglia che volendo ci potevi cuocere le uova e il mollone ammortizzatore centrale in bella vista lo rendeva l’artefatto più tamarro mai inventato dal genere umano.
Se non avevi il Fifty o il Califfone, ti toccava il Master Atala. Era uno degli appartenenti alla categoria “vorrei la moto ma non posso”
Con un nome così, può accompagnare solo. Dio veniva da Dioniso, ma ha ispirato più di una bestemmia. È incredibilmente sempre in produzione, ininterrottamente dal 1988, un immortale.
Scooter anni 90 per figli di ricchi, costava un bel po’ nonostante fosse brutto come il peccato. Una carena inspiegabilmente ampia lo faceva sembrare una moto d’acqua o un quod a due ruote.
Eh, questo era un fulmine e chi ce l’aveva era un figo. Punto e basta. Prodotto dal 1994 al 2011, era lo scooter prediletto dai ragazzi che anelavano alla conquista del quartiere. Se poi ci mettevate sotto la marmitta adatta, ci potevate anche volare.
Uno dei più grandi successi commerciali della Piaggio è questo scooter senza tante pretese, dalle linee non invadenti, perfetto per superare le auto nel traffico della città col basso profilo.
Altro scooterino da battaglia, per chi non ambiva a posizioni di prestigio nel ranking dell’universo femminile, però usato costava poco e il suo lo faceva.
Che bellino. Una linea morbida, tutta curve, che sembra strizzare l’occhio al mercato femminile. Scooter dalle ruote alte, perfetto per sgattaiolare nel traffico cittadino. Dal 1993, è ancora in circolazione, segno che funziona a dovere.
L’update Garelli per fare concorrenza al Bravo della Piaggio, rimanendo sempre sotto a livello di fashion. Gettonatissimo in provincia, dove avere quello rosso ti faceva davvero sentire VIP.
È durato davvero poco, dall’86 al 91. Un tentativo della Garelli di emulare i motorini per teppisti, aveva anche le marce e l’accensione elettronica. Non è mai andato davvero di moda.
Classico motorino di fine anni 70, di quelli ereditati dai nonni per fare pratica rigorosamente senza casco per le campagne e nello sterrato, perché col Garelli le tipe non ce le rimorchiavi nemmeno a pagarle.
Squadratissimo, sembrava uscito dal film Tron. Le linee più retrofuturiste della motorologia per uno scooter in realtà un po’ incompreso. Ad averlo oggi farebbe un sacco hipster.
Ah il Benellino. Uno scooter con una carena così infinitesimale che sembrava si dovesse spaccare a metà da un momento all’altro. Serviva soprattutto per farci fare la spesa agli anziani, infatti in dotazione aveva il cestello come le bici.
Altro status symbol del tamarro di periferia, il Califfone era l’ammiraglio tra i Califfi Atala, azienda in realtà famosa per le bici.
Col Fifty eri uno sbruffone che al successo con le donne preferiva il rispetto degli uomini. Era un tubone fra i più venduti, andava veloce e aveva il manubrio tipico del chopper
Il re. Se avevi il Booster, impennavi senza casco e tutte le ragazze capivano che eri un duro. Con le sue ruote tipo aereo poteva adattarsi a ogni tipo di strada e quando passava, emanava potenza e malavita. Ha venduto più di un milione di esemplari, giusto per farvi capire quante impennate ci sono state negli anni 90.
La Vespa è uno scooter talmente mitico che non sapremmo da dove iniziare. Uno dei simboli del design italiano nel mondo, figura in tutti i film in cui si vuol mostrare l’Italia, in coppia con la Fiat 500. Il primo esemplare è stato costruito nel 1946 dal progetto di Corradino D’Ascanio e ancora è lo scooter più figo del pianeta. Non a caso, per i fan è una sorta di religione.
Il più sfigato dei ciclomotori Piaggio (indovinate chi ce l’aveva? Ecco.) con la sua linea un po’ cartone animato, un po’ brutta e basta. È durato fortunatamente poco, dall’89 al ’96.
Il motorino dinamico e moderno della Piaggio, esisteva anche nella versione col variatore, per poter arrivare in cima alle salite. È stato in giro dal 1978 al 2001 e se qualcuno ce l’ha ancora funzionante, guadagna lo stauts di eroe ai nostri occhi.
Il primo ciclomotore Piaggio ad avere il sellino a due posti, per portarci dietro la fidanzata o, ma solo del tutto ipotetico, per compiere scippi ai danni di vecchie sui marciapiedi col compare. Il primo esemplare è stato costruito nel 1973 ed è rimasto in produzione fino al 2001. Highlander.
Che dire, qui entriamo nel mito. Ci sarà un motivo per cui si chiama ciclomotore, no? Perché è una praticamente una bicicletta col motore. Alcuni, quando finiva la benzina, tornavano a casa pedalando col Ciao. È stato in produzione per 40 anni, dal 1967 al 2006, ma resta nel nostro cuore per sempre.