Il rigore di Baggio, le lacrime di Baresi, la sigla della Gialappa’s. Prendete un italiano, chiedetegli di Usa ’94: vi risponderà così. La sigla della Gialappa’s è una canzone di Elio e le Storie Tese che si intitola “Nessuno allo stadio”. È quella canzone che dice “fondamentalmente agli americani non interessano i mondiali di calcio americani”. Ce la ricordiamo tutti perché faceva ridere e perché sembrava vero anche a un bambino di 10 anni. Perché sembrava vero? Perché i luoghi comuni narcotizzano il pensiero e noialtri europei ci siamo addormentati con una litania in loop: agli americani non piace il calcio. Del resto, a sdoganare il soccer a stelle e strisce ci aveva provato negli anni settanta Pelé, e aveva fallito. Ci aveva provato la Warner, che possedeva il marchio Cosmos. Ci avevano provato Chinaglia, Beckenbauer, Cruijff, Best, Eusebio: avevano fallito tutti. O meglio: i giocatori avevano ingrassato il portafoglio ma il movimento restava al palo.
Nel 1994 l’Italia si porta un cimelio dalla kermesse oltreoceano. Si chiama Alexi Lalas, stopper un po’ Malpelo e un po’ Glen Hansard ante litteram, tanta chitarra e poca gloria, il primo statunitense a mettere piede in serie A, a Padova, praticamente una caricatura che evidenzia la distanza tra noi e loro. Un paio di stagioni con l’acuto del gol al Milan campione d’Italia e d’Europa. Ma un americano che gioca nel campionato più bello del mondo – ebbene sì, una volta era la serie A – è poca cosa per gli yankee, in attesa del messia.
Che arriva nel 2007, a Los Angeles, e si chiama David Beckham. Un ambasciatore bello e famoso. La Major League Soccer, per Becks, cambia le regole e vara la “Designated Player Rule”, che consente alle franchigie di sforare il tetto salariale per 3 giocatori, al fine di competere per i pezzi grossi. I risultati arrivano, in campo e fuori. I cercatori d’oro degli anni dieci che in calzoncini puntano a ovest si chiamano Freddie Ljungberg, Rafael Márquez, Thierry Henry, Alessandro Nesta, Marco Di Vaio, Jermain Defoe. Nel 2011 i Los Angeles Galaxy di Beckham vincono il titolo e la MLS si attesta al terzo posto come media spettatori in Nord America, dietro NFL (Football) e MLB (Baseball). Ma non basta. La cartina di tornasole restano i diritti televisivi, ça va sans dire. E i diritti televisivi luccicano.
Se per il periodo 2007-2014 tra ESPN, Fox Soccer, Univision e NBC i diritti della MLS furono pagati 184,4 milioni di dollari, per il periodo 2015-2022 la Major League Soccer ha ceduto i diritti per un totale di 720 milioni di dollari. Nello specifico ESPN e Fox Sports pagheranno 37,5 milioni di dollari ciascuno ogni anno, Univision 15 milioni. In totale è più di quanto la NBC caccia per trasmettere la Premier League negli Stati Uniti. Non male. In Italia abbiamo un sistema di distribuzione dei diritti televisivi piuttosto complesso e sproporzionato con parametri quali: “numero di tifosi”, “popolazione del comune” e “risultati sportivi storici” che sono tutti fattori appannaggio delle grandi società. Per quanto riguarda la stagione scorsa Juventus, Inter, Milan, Roma, Napoli e Lazio si sono spartire circa 430 milioni di euro, più o meno la metà degli 855 milioni di diritti televisivi totali.
La MLS 2015, nel frattempo, è entrata nella postseason. Quest’anno gli americani hanno visto correre dietro un pallone, tra gli altri, Robbie Keane, David Villa, Kaká, Steven Gerrard, Frank Lampard, Sebastian Giovinco, Andrea Pirlo, Giovani dos Santos e Didier Drogba. Il minimo comun denominatore, per questi big, è l’età avanzata. Lo “svernamento”, il “buen retiro”. L’eccezione è rappresentata specialmente da Sebastian Giovinco, che ha scelto di accasarsi a Toronto a 28 anni e che, grazie a una stagione ad altissimi livelli – 33 partite e 22 reti – ha portato la franchigia canadese ai playoff, riconquistato la maglia della nazionale e ottenuto i premi di miglior esordiente e miglior giocatore in assoluto della stagione della MLS. A dimostrazione della competitività del campionato statunitense registriamo la stagione tutt’altro che entusiasmante di Andrea Pirlo – 13 presenze e 0 gol e niente post season – con i New York City di altri due campionissimi europei come David Villa e Frank Lampard.
La finale 2015 è in programma domenica 6 dicembre, tra Columbus Crew e Portland Timbers, due squadre senza nomi a effetto (a Columbus in compenso gioca uno dei fratelli di Gonzalo Higuaín, l’attaccante del Napoli). Con una media di di 21.574 spettaori la MLS è oggi il settimo campionato al mondo per presenza di pubblico. La serie A, per dire, è quinta con con una media di 23.893. E le grandi città rispondono. Da questa stagione New York ha due squadre (come nel football), Miami potrebbe riaffacciarsi con Beckham nelle vesti di proprietario e Los Angeles avrà presto una seconda squadra. Paura, eh?
Timore condivisibile. Se gli americani fanno sul serio quanto ci vorrà prima che inizino a vincere, rivincere e stravincere come capita più o meno in tutti gli sport? In verità hanno già cominciato. Con le donne, per esempio. La nazionale di calcio femminile è la più titolata della storia. Ma anche con gli uomini, che nell’aprile 2006 raggiungono addirittura il quarto posto nel ranking Fifa (per quello che vale) e che nel 2009 arrivano secondi alla Confederations Cup dopo avere sfiorato l’impresa in finale contro il Brasile. Tuttavia, la novità più significativa sembra essere l’inedito rapporto tra popolo Usa e calcio. Il tifo di Obama durante lo scorso mondiale brasiliano, – l’”addicted” Obama ha assistito a Germania-Stati Uniti a bordo dell’Air Force One e il suo “Go Team Usa” ha riecheggiato sui social durante tutto il torneo – i tweet delle celebrità per l’ultimo trionfo iridato delle ladies del soccer e l’attrattiva sui “millenial” d’oltreoceano, la generazione nata a cavallo tra XX e XXI secolo, che in graduatoria infila il calcio immediatamente dietro l’inviolabile football ma prima di 3 dei 4 “big four” Usa: basket, baseball e hockey.
Nel 2022, per la prima volta, i mondiali di calcio si giocheranno durante la stagione invernale. Un capovolgimento inedito. E se ribaltone chiama ribaltone, i miei due centesimi vanno dritti sulla nazionale statunitense. USA campioni del mondo. Il calcio non sarà più lo stesso.