lati negativi adolescenza
Society
di Simone Stefanini 20 Febbraio 2018

Perché l’adolescenza è il periodo più brutto della vita di una persona

La scuola, i genitori, l’amore, i bulli, gli orrori cutanei: ogni giorno è una guerra che non riusciremo a dimenticare mai, altro che periodo più bello

lati negativi adolescenza screenprism - Still da “Fuga dalla scuola media” di Todd Solondz (1995)

 

Non fatevi abbindolare dalle corse in bicicletta dei ragazzini di Stranger Things e dalla retromania che ne consegue, possiamo assicurarvi che rimpiangiamo l’adolescenza solo perché non ce la ricordiamo fino in fondo.

Se vi prendessero e vi obbligassero a guardare un filmato di cosa accadeva sul serio negli anni della pubertà, stareste peggio di quando avete voluto guardare Melancholia di Lars Von Trier da soli di sabato sera.

 

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Partiamo dalle basi: la scuola è obbligatoria, lì dovete studiare altrimenti prendete brutti voti, a casa dovete fare i compiti altrimenti prendete brutti voti, poi dovete comportarvi bene altrimenti prendete brutti voti. Logico, no? Però tornate alla sensazione di non aver studiato abbastanza per la verifica di storia su Martin Lutero.

Respirate a pieni polmoni la paura, quella non ti fa dormire la notte e che ti fa svegliare alle 5 del mattino per provare a memorizzare qualcosa a casaccio. Pensate a tutte le scuse che dovrete inventare ai genitori per giustificare un 4, oppure a falsificare la firma sul libretto per poi vedere tutto l’ingegno vanificato dai ricevimenti di metà quadrimestre, in cui i vostri sapranno tutto di voi, tutto ciò che avete sapientemente celato per poter dormire la notte.

Pensate allo sguardo pieno di repulsione di vostra madre, che non vi punisce nemmeno più da quanto è delusa del vostro atteggiamento e voi che non sapete più come rimediare.

 

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Ci siamo? Siete già abbastanza in ansia? Non è ancora successo niente. Le ore scolastiche delle medie non servono di certo per imparare le materie, ma sono il momento di socializzazione più forte all’interno della giornata.

Tutto ok, solo che avviene in alcuni stanzoni in cui siete obbligati a condividere l’aria che respirate con una varia umanità di bulli, delinquenti, infami compagni di scuola, che come avvoltoi zen stanno lì ad aspettare una vostra mossa sbagliata per potervi torturare fino alla fine dell’anno scolastico, che significa per sempre.

 

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L’adolescenza fa diventare ragazzini brufolosi e ormonalmente puzzolenti dei veri Signori delle Mosche, pronti a compiere ogni genere di nefandezza pur di emergere su tutto e tutti. Alle medie si impara la lezione che per essere migliori, bisogna rendere peggiori gli altri. Se siete timidi, introversi, se avete una personalità troppo matura per l’età, siete fottuti.

Il bullismo è una reale piaga sociale, un crimine che in quegli anni segnerà per sempre la vita degli studenti e oggi, grazie alla tecnologia, fa entrare i ragazzi in una puntata di Black Mirror infinita.

Se fino a qualche anno fa, una semplice caduta veniva schernita fino alla fine della giornata per poi essere dimenticata e superata da una nuova caduta di qualcun altro, oggi basta averla ripresa con lo smartphone e inviata a uno delle decine di gruppi WhatsApp perché rimanga in memoria per sempre e perché diventiate martiri da editto dell’imperatore Valeriano contro San Lorenzo (probabilmente bruciato vivo su una graticola il 10 agosto del 258 d.C.).

Un buon modo per evitare tali linciaggi random sarebbe poter parlare con gli adulti e denunciare i soprusi, ma qui si apre un altro, orribile capitolo.

 

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Di solito gli adulti non capiscono i teenager. Sono presi dalla loro vita stressante, volta a portare a casa i soldi necessari al sostentamento dei ragazzi e giorno dopo giorno sono scivolati in quel pantano in cui si erano ripromessi di non finire mai: diventare come i loro genitori.

Anche i più giovani, quelli cresciuti coi Nirvana, i capelli colorati e la voglia di dar fuoco a tutto, poi hanno dei figli e diventano dei loop di noia e frasi fatte. “Ma che musica ascolti? Che nomi sono Tedua, Izi, Ghali? Io ai tuoi tempi ascoltavo i Pearl Jam, quella sì che era musica.” Un discorso così ed è subito sera, avrete perso i vostri figli per anni.

Non che vestirsi come Fedez ai bootcamp di X Factor farà di voi delle persone più fighe ai loro occhi, perché non so se vi ricordate, ma a quell’età i vostri genitori li odiate.

Cioè, certo che gli volete bene, ma allo stesso tempo avete una sete di vita da bruciare dentro e loro sono quelli che vogliono controllare tutto. A me è capitato di non rispondere al saluto di mia madre per strada, verso i 13 anni, perché mi vergognavo. Da grande sono stato male per anni, avreste dovuto vedere lo sguardo di quella povera signora, se ci ripenso piango.

 

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Abbiamo finito questa tortura? No di certo, dobbiamo entrare nella labyrinthiana Gora dell’Eterno Fetore: l’amore alle scuole medie. Una cloaca talmente densa da sparirci dentro con le scarpe e tutto. Un sentimento ancora sconosciuto e indefinito, che si confonde con le prime pulsioni sessuali.

Queste ultime scatenano una serie di orrori cutanei come i brufoli, la forfora, i capelli costantemente unti, il sudore pestilenziale, i baffi da preadolescente (sia nei ragazzi che nelle ragazze) e una certa avversione all’igiene personale, che comunque a quell’età non basta mai.

L’amore a scuola media crea nei fanciulli l’atavico terrore dell’essere respinti, quello che poi farà compagnia in un perfido cassetto della memoria per tutti gli anni a venire.

Alle medie il tatto non esiste. Se qualcuno vi dice di no, lo sa tutta la classe, cioè tutto il mondo. È l’equivalente della figura di merda, del peggiore avvenimento che possa accadere a 12-13 anni. È il completo fallimento dell’essere umano, quello che non ammette redenzioni.

 

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Ok, l’amore può anche andare bene e potete pure vivere una bella storia puberale, fatto salvo che tutto è estremo a quell’età e capita che o fate troppo o fate troppo poco, in entrambi i casi vi sentite sbagliati, con conseguente giudizio da parte degli altri.

L’unica cosa che conta durante l’adolescenza è essere accettati. Venderemmo la mamma ai rom per essere come tutti gli altri e anche quando fingiamo che non ci interessi, in realtà è l’unico obiettivo, il boss finale.

La street credibility conta più a 12 anni che nella battaglia di rapper tra east e west coast. Ogni giorno è una guerra senza quartieri, senza fine, ogni ora nasconde segreti insondabili, misteri e voglie.

La reputazione è tutto e, se ci vogliono anni per farsela, può cadere giù in pochi drammatici secondi, quindi basta lodare i ragazzini sulla BMX dei Goonies, basta romanzare il nostro passato. Abbiamo tutti vissuto l’inferno in terra e non era il Vietnam, bensì la scuola media.

P.S., il liceo non sarà davvero meglio, siamo solo noi a esserci più abituati.

 

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