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L’adesivo della violenza su Greta Thunberg è atroce

Chissà chi è stato il genio che ha stampato quegli adesivi su Greta Thunberg che in questi giorni stanno circolando sul web provocando indignazione in tutto il mondo. Non si riesce ancora ad individuare il responsabile di questo gesto demente e chissà se uscirà mai il nome di colui che ha disegnato sotto forma di cartoon, una Greta Thunberg di spalle e nuda, che viene tirata per le trecce e abusata da un uomo. Sotto, il logo X-Site, azienda petrolifera canadese.

L’idea elaborata dal genio in questione sarebbe stata quella di attaccare l’adesivo ai cappellini degli altri dipendenti. A denunciare il gesto, una donna, operatrice del settore petrolifero con sede ad Alberta che era rimasta sconvolta dall’episodio.

L’immagine è un chiaro inneggio allo stupro, anche sui minori. È una vignetta che incarna “misoginia, pedofilia e violenza usate come arma”, si legge su FridaysForfutreCanada. La X-Site dichiara, in seguito alle scuse, che l’adesivo “non riflette i valori dell’azienda o dei suoi dipendenti. Noi siamo profondamente rammaricati per il dolore che possiamo aver causato […] ed è in corso la raccolta degli adesivi allo scopo di distruggerli” (Corriere della Sera). L’attivista svedese, sulla propria pagina Twitter, ha risposto semplicemente così: “Stanno cominciando a diventare sempre più disperati…Questo significa che stiamo vincendo”.

Le scuse alla diciassettenne Greta sono arrivate a quattro giorni dalla prima denuncia, anche se le scuse in questi casi non bastano: certi eventi fanno rendere conto di quanto certe persone stiano ancora tristemente indietro e che l’idea di patriarcato sia molto più congenita di quanto crediamo, immaginiamo o sappiamo. Il fatto che per alcune persone si possa scherzare sulla violenza è inaccettabile, e inaccettabile è il fatto che, attraverso immagini di questo tipo, si possa pensare di attaccare una persona per quello fa e che rappresenta, non considerando che la violenza esiste e non è uno scherzo, non è un gioco, e non fa ridere.

Claudia Mazziotta

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