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Better Days Festival: i bambini costruiranno robot per diventare adulti migliori

CoderDojo

 

Coding, robotica e uso consapevole delle nuove tecnologie sono temi che sentiamo sempre più spesso associare ai giovani, anche e soprattutto ai più piccoli. Sembrerebbe un semplice vezzo per genitori nerd ma, in realtà, alla base c’è un messaggio sociale molto più importante: portare i ragazzi a ragionare su temi quali bullismo e altri atteggiamenti negativi che possono svilupparsi fin dalla più tenera età. Grazie alla collaborazione con Piccole Variabili – l’associazione che promuove la filosofia CoderDojo a Milano – abbiamo portato al nostro Better Days Festival un laboratorio che insegnerà ai più piccoli a creare dei robot con pochi e semplici materiali. Ce lo racconta meglio Angelo Sala, che seguirà il laboratorio domenica 31 gennaio.

Cos’è Piccole Variabili?
È un’associazione no profit nata a Milano per promuovere un uso consapevole delle nuove tecnologie tra i giovani. Oggi l’associazione svolge come attività prevalente quella di promozione di CoderDojo.

Raccontaci brevemente cos’è CoderDojo e qual è la sua filosofia?
È un movimento internazionale che insegna ai ragazzi di età compresa tra i 7 e 17 anni a programmare. La filosofia di CoderDojo è racchiusa nel suo motto “Above All: Be Cool: bullying, lying, wasting people’s time and so on is uncool”. CoderDojo invita i ragazzi ad essere “ragazzi in gamba” a non perdere tempo e a non farne perdere agli altri. E questo lo attua dando ai ragazzi l’opportunità di vivere la tecnologia da protagonisti, creando essi stessi i programmi che poi usano.

Come strutturerete il laboratorio?
Nel laboratorio mostreremo ai ragazzi come ci si può approcciare all’elettronica in maniera sicura e divertente attraverso la pasta modellabile, una batteria e alcuni led. Vedranno come realizzare circuiti in serie e in parallelo e si divertiranno a sperimentare e provare, anche a costo di commettere qualche errore. A differenza di quando si programma, dove sbagliare non ha conseguenze se non quella di poter imparare, il rischio è di bruciare un led o di far scaricare prematuramente una batteria, ma se ci dà modo di lavorare in sicurezza e di imparare, allora, va bene così. E poi, sempre con una batteria e un motore elettrico, realizzeranno un piccolo robottino che si muove da solo per la stanza. I ragazzi poi possono utilizzare oggetti di uso comune come cartoncino, cannucce e bastoncini  per personalizzarlo in base alla propria creatività.

 

CoderDojo

 

Quali sono gli elementi base da cui si partirà?
Batteria da 9V, Led (lucina simile a quelle che si trovano nelle luminarie di natale), Motore elettrico (di quelli che si trovano nei giocattoli per bambini come phon e macchinine), pasta modellabile e buzzer (piccolo cicalino sonoro). E poi tanta fantasia e creatività.

Di solito qual’è l’esperimento con cui i bambini si divertono di più?
In assoluto il robot: quando vedono questo oggetto iniziare a muoversi da solo per la stanza, magari corredato di un pennarello che lascia tracce sul piano in cui si muove, simili alle pennellate di un pittore su una tela, sfoderano dei sorrisi bellissimi e iniziano a fantasticare con i compagni creando delle storie meravigliose attorno al loro robottino.

Cosa vi stupisce maggiormente quando lavorate con i bambini?
Sono tante le cose che ti stupiscono. Spesso i ragazzi ti spiazzano con domande che non ti aspetti, ma per fortuna l’idea di CoderDojo è che il mentor (l’adulto che affianca i ragazzi) non deve avere tutte le risposte ma può mettersi alla ricerca esattamente come il ragazzo. E allora vedi spesso il mentor e il bambino fianco a fianco che si scambiano idee e opinioni su come risolvere il problema e arrivano insieme alla soluzione.

 

 

A prescindere da questo specifico laboratorio, normalmente vi occupate anche di programmazione: è più facile insegnarlo ai bambini o agli adulti?
I bambini non hanno preclusioni, hanno ancora una mente molto duttile, pensano fuori dagli schemi. Anche se notiamo che man mano che cresce l’età scolare questa duttilità viene un po’ a mancare. Viene anche a mancare la voglia di sperimentare e di sbagliare, forse perché l’errore di solito è giudicato dall’adulto in maniera negativa e non è visto come un’opportunità di apprendimento e di crescita.

Sandro Giorello

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