Quando pensi a confini che si infiammano, a steccati reali e metaforici, pensi a Gaza, pensi a Tijuana, magari anche ai confini ungheresi in odore di muro anti-migranti. In questa classifica, però, difficilmente vi verrebbe in mente di mettere ai primi posti di pericolosità il confine tra Italia e Svizzera, triangolo ideale che si estenda tra Como, Varese e Mendrisio. Un territorio in cui è pratica comune andare dall’altra parte per lavorare o fare acquisti. La rotta è ovvia: italiani che vanno in Svizzera a lavorare in cerca di stipendi più alti, svizzeri che vengono in Italia a fare acquisti in cerca di prezzi più bassi.
Un fenomeno che va avanti da decenni e che ancora oggi è imponente: secondo Il Fatto Quotidiano, sono circa 60mila gli italiani che ogni giorno vanno nel Canton Ticino a lavorare. Un numero non da poco, che ha spinto gli svizzeri ad adottare contromisure: una proposta di modifica costituzionale chiamata “Prima i nostri” è stata approvata a larga maggioranza da un referendum nel mese di settembre. Ovvero: gli svizzeri non vogliono i lavoratori italiani, o meglio vogliono che i lavoratori svizzeri siano privilegiati rispetto agli italiani.
Se queste parole vi fanno suonare qualche campanello, fate bene: si tratta della stessa litania portata avanti da anni dalla Lega, prima da Umberto Bossi, ora da Matteo Salvini, in riferimento ai “clandestini che vengono qui a rubarci il lavoro”. Tutto molto lineare, insomma, a patto di accettare pacificamente l’assunto che si è sempre meridionali di qualcuno e che quindi questo tipo di posizione ha poco senso. Più o meno lineare, però, visto che il Corriere del Ticino riporta la foto di un volantino che gli automobilisti con targa svizzera si sono ritrovati sulla macchina dopo aver fatto la spesa a un ipermercato di Como. Un volantino di minaccia che li invita a restare a casa propria e a non venire a fare la spesa in Italia, pena il rischio di vedersi gli pneumatici squarciati.
E qui il discorso si fa molto meno lineare, perché questi vendicatori della dogana fanno innanzitutto un ragionamento piuttosto contorto: “Visto che non volete dare i vostri soldi ai lavoratori italiani, non dateli nemmeno ai negozianti italiani da questa parte del confine”. E già siamo a un passo dal Nobel per l’Economia.
Il cerchio poi si chiude tornando a quanto già accennato in precedenza, ovvero alle parole d’ordine anti-stranieri di leghisti e soci: in base a cosa, infatti, si attacca la presenza di lavoro straniero in Italia e si difende con minacce la presenza di lavoro italiano in paesi stranieri? Misteri del populismo.