Quella che si è appena conclusa è stata la settimana dell’Ice Bucket Challenge, pochi dubbi a riguardo. Proviamo a ricostruire come è andata. L’Ice Bucket Challenge è stato lanciato negli Stati Uniti per raccogliere fondi a favore della ALS, un’associazione impegnata nella ricerca contro la sclerosi laterale amiotrofica. Il meccanismo è semplice. Giro un video in cui mi rovescio in testa una secchiata di acqua gelata e sfido degli amici a fare lo stesso, chiedendo loro di fare una donazione in beneficenza: 10 dollari in caso accettino la sfida (e quindi facciano girare ulteriormente la campagna), 100 dollari in caso non la accettino. Questa differenza si è presto persa, ma la sostanza non è cambiata di molto: un video per diffondere il nome dell’associazione e coinvolgere altre persone.
Negli Stati Uniti la campagna è partita subito forte, adottata da vip e star di ogni tipo e levatura. Con i consueti due-tre giorni di ritardo, l’iniziativa è arrivata in Italia e anche da noi hanno aderito tanti nomi famosi: personaggi dello spettacolo, sportivi, musicisti, fino al premier Matteo Renzi.
Un fenomeno virale, che ha portato a conseguenze tangibili: gli ultimi dati diffusi parlano di oltre 70 milioni di dollari raccolti negli Stati Uniti (a fronte dei 2 milioni dello stesso periodo lo scorso anno) e di 185mila in Italia. Soldi che, senza l’Ice Bucket Challenge, non ci sarebbero stati. E questo è un fatto.
Un altro fatto è che negli ultimi giorni i social network italiani siano stati inondati da commenti ipercritici e negativi nei confronti dell’iniziativa.
I motivi? La top 5:
– Non si risolve così il problema della SLA
– È uno sfoggio di esibizionismo e narcisisimo
– Fra tre giorni tutti si saranno dimenticati
– Agli italiani interessano solo le magliette bagnate e le prossime nomination
– L’hanno fatta X e Y, quindi è una cazzata e io non la faccio
Alcuni argomenti sono fondati, per quanto basati su un pensiero stile “sogno la pace nel mondo” di qualche Miss Italia, altri sono solo una forma diversa di quello stesso esibizionismo che viene criticato. Di base, resta una sola certezza: senza il virale, nessuno in questi giorni avrebbe parlato di SLA e senz’altro non l’avrebbero fatto i detrattori dell’Ice Bucket Challenge. Si può parlare quanto si vuole, girando a lungo intorno all’argomento, ma per una volta un meccanismo virale non è stato fine a se stesso: la sua consistenza è un dato di fatto e quel dato di fatto si può misurare in dollari e in euro.
In estrema sintesi: una raccolta fondi di beneficenza ha avuto successo, qual è il vostro problema?