Categories: Society

In un drammatico reality, tre fashion blogger visitano una fabbrica tessile cambogiana

Vivono in un paese in cui il tenore di vita è il più alto del mondo. Giovani, belli e all’avanguardia nella moda. Sono tre fashion blogger norvegesi, mandati  a visitare una industria tessile in Cambogia, di quelle che quotidianamente distribuiscono vestiti in tutto il mondo e partecipano attivamente, con i loro prodotti creati per i marchi più blasonati, alle sfilate di moda dall’indotto milionario, per girare un drammatico reality. Questo viaggio ha cambiato per sempre il modo di pensare dei tre blogger, li ha provati fino alle lacrime e ha aperto loro gli occhi sulla schiavitù di chi lavora per la moda, in quella parte di mondo.

I tre, nel documentario-reality, si sono anche messi a lavorare attivamente nella fabbrica, vivendo in prima persona una condizione che mai avrebbero pensato di vivere, visto il divario abissale di benessere dei due stati. La sveglia all’alba, la fatica, il dolore. La prova di quanto le case di moda ed i franchising più importanti sfruttino i loro lavoratori, li costringano ad orari da schiavitù e ad una paga da fame. Il programma si chiama “Sweatshop – Deadly Fashion”, ed è un esempio di tv socialmente utile, totalmente diversa da quella che siamo abituati a vedere nel nostro paese, nel quale i servizi sulla settimana della moda vanno su tutti i telegiornali e sembrano giganteschi spot a pagamento. È sempre approfondire cosa c’è dietro i vari cartellini “Made in Cambogia – Indonesia – Bangladesh – Taiwan”.  Sotto quella scritta, spesso c’è il sangue.

Qui si possono vedere gli episodi coi  sottotitoli in inglese, mentre sotto c’è il trailer:

 

[via]

Simone Stefanini

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