Fabio Grosso è uno di quei nomi che tutti gli italiani portano nel cuore. Non importa essere fanatici di calcio, assidui scommettitori o ultrà della curva per conoscerne le gesta: se chiudiamo gli occhi e viaggiamo con la testa al 4 luglio 2006, quando l’Italia batte la Germania ai tempi supplementari in semifinale del Mondiale tedesco e stacca il biglietto per Berlino, è sua la faccia trasfigurata dalla felicità che ricordiamo al primo istante.
Grazie a un campionato giocato molto bene col Palermo, che lo rende uno dei terzini più in forma del periodo, Grosso si conquista un posto tra i convocati dell’Italia per il Mondiale di Germania 2006. Per lui, che precedentemente aveva giocato nel Perugia e nel Chieti, è un sogno che si realizza, il finale inaspettatamente all’americana di un film di Ken Loach. Ed è solo l’inizio, perché da lì in avanti, Fabio il Mondiale se lo prende di prepotenza.
Inizia dalla panchina nelle prime due partite del torneo, ma come l’allenatore Marcello Lippi lo fa entrare, capisce di avere in mano la carta vincente. Pensate all’ottavo di finale, quella partita maledetta contro l’Australia in cui viene espulso Materazzi e nessuna delle due squadre sembra capace di segnare. A pochi minuti dalla fine della gara, sullo 0-0, Fabio Grosso entra in area saltandone un paio alla Maradona e ottiene un calcio di rigore che Totti trasforma facendoci prendere un infarto e facendoci passare il turno.
Guardate il video, non avete ancora paura che il Pupone faccia il cucchiaio e sbagli?
Lì inizia la favola di Fabio Grosso. In tutta la nazione, a parte i fedelissimi del moviolone e i tifosi del Palermo, si chiedono chi sia quel ragazzo dalla faccia un po’ alla Baglioni negli anni settanta, che è riuscito con una magia e un rigore ancora dubbissimo a farci andare ai quarti.
Facciamo un salto avanti, i quarti sono stati piuttosto agevoli e siamo in semifinale con la Germania. Sulla carta loro sono inarrestabili e giocano in casa. Ci vuole un mezzo miracolo per aprire la loro difesa. Sapete chi la scardina, vero? Proprio Fabio Grosso, il difensore che quell’estate, quando entra nell’area a avversaria fa spaventare tutti i difensori.
E allora riascoltiamo Caressa che impazzisce quando Pirlo, sugli sviluppi di un calcio d’angolo la passa a Grosso e lui si gira e tira un sinistro da attaccante puro, di quelli che giocano nelle squadre che vincono la Champions League, e spacca la porta. Il suo urlo è un’opera d’arte da comprare il biglietto e fare la coda per vederla esposta agli Uffizi. Pare brutto da scrivere, ma ci sono poche cose nella vita più eccitanti del video qui sotto.
Amici, lo sapete, siamo in finale. A Berlino ci attende la Francia, altra nostra bestia nera, ma abbiamo battuto la Germania e non ci fa paura niente. La Francia domina ma è a Luca Toni che viene annullato un gol in sospetto fuorigioco.
Per noi tifosi a casa, ogni minuto è un’agonia. Volano birre, bestemmie, calunnie, lo spirito brado e selvaggio viene fuori e noi, quel giorno, odiamo la Francia e i francesi. Ai supplementari, la famosa testata di Zidane a Materazzi lascia la Francia in 10 e noi da casa ci eccitiamo, ma la partita finisce lo stesso in pareggio. Si va ai rigori.
I due momenti più ansiogeni per l’uomo sono l’attesa del primo figlio e i rigori dell’Italia per la finale dei Mondiali. I francesi sono più nervosi di noi e ne sbagliano un paio, noi no e Fabio Grosso s’accolla l’ultimo rigore, quello che o si vince, o la Francia ritorna in partita.
Fabio sembra se la voglia mangiare quella porta, in quel momento ha una fame di vittoria che rappresenta la fame di ogni italiano alla tv, di quelli allo stadio, di quelli all’estero, di quei poveri cristi che stavano a lavorare in Francia e che stanno per esplodere di gioia. Fabio segna, noi entriamo nella storia e lui di più.
Facciamo un respirone e torniamo coi piedi per terra, perché anche i supereroi si riposano e quel luglio, Fabio Grosso è stato un supereroe, tanto che a fine Mondiale ha già in tasca un bel contratto con l’Inter. Nonostante la vittoria dello scudetto e della Supercoppa italiana, Grosso non gioca bene come al Mondiale e l’anno dopo viene ceduto al Lione, in cui rincomincia a giocare da star e aiuta la squadra francese a vincere il campionato. Proprio lui, che la Francia l’ha castigata a dovere.
Dopo tre anni finisce alla Juve e anche lì vince e segna fin da subito, ma alla fine della stagione 2009-2010 non rientra più nei piani della società. La cessione però salta e Fabio Grosso viene messo fuori rosa. Nella stagione successiva è sempre della Juve, ma resta ai margini della rosa. La Juventus passa ad Antonio Conte che non lo considera parte dei suoi piani e a fine 2012, Fabio Grosso si ritira dall’attività agonistica.
E poi cos’è successo? Si chiedono quegl’italiani che è dal 2006 che non seguono il calcio e che poi ci hanno provato con gli Europei di questa estate e c’hanno quasi creduto, finché i rigori che tutto danno e tutto tolgono, stavolta c’hanno tolto.
Oggi il Fabio Grosso nazionale è allenatore del Verona e anche se la sua carriera calcistica è decollata tardi, è e resterà il più grande simbolo dell’uomo giusto al momento giusto, del fatto che basta una stagione d’oro per essere ricordato tutta la vita. Con le dovute proporzioni, un po’ come i Jalisse che arrivano dal nulla, vincono Sanremo e spariscono nel nulla. Solo che Fabio Grosso resterà per sempre un mito mentre i Jalisse no.
Tanti auguri, idolo.