Society
di Gabriele Ferraresi 25 Novembre 2015

Questa donna riesce a scoprire se stai mentendo semplicemente ascoltando la tua voce

Si chiama Alessandra Monasta ed è una cacciatrice di bugie che lavora come perito fonico forense. L’abbiamo intervistata

DSC_0784mod_1280

 

Milano, domenica mattina, sono le 11.45: i maratoneti linusiani della Deejay Ten arrancano lungo Melzi d’Eril dimezzato mentre sono bloccato in coda. Non sono in coda solo e non perché mi facciano compagnia runner sudaticci in magliettina fluo, sono in coda in auto con la mia ragazza. Una buona cosa? No.

Sono in ritardo e la giornata è partita storta, così fermi in coda litighiamo. Lei se ne va con la macchina, e voi amici maratoneti potreste correre al Parco delle Cave, no? Non lo farete.

Così scendo e vado a piedi a incontrare Alessandra Monasta.
Tenete a mente il dettaglio del litigio, tornerà utile dopo.

Alessandra Monasta, classe 1969, è un perito fonico forense: una Cacciatrice di bugie come si intitola il suo romanzo uscito per Longanesi. Che cosa fa quindi? Valuta e ascolta intercettazioni. Fornisce perizie che svelano le pieghe nascoste nell’audio di una telefonata e contribuiscono a una condanna o a una assoluzione. Ma c’è qualcosa di più: non si limita a trascrivere, quella è la superficie delle cose, quello lo sapremmo fare tutti. A rendere una conversazione quello che è sono le emozioni che trasmettiamo: silenzi, pause, il variare delle emozioni, i momenti di reale o apparente alterazione.

Alessandra Monasta questo analizza. Ed è con anni di lavoro che si affina la capacità di mettere insieme questi pezzi e capire chi sta mentendo, chi sta dicendo la verità, chi è reticente, chi è disperato, o chi ha ammazzato qualcuno. Registrando l’imbarazzo, il disagio, il balbettamento, il silenzio. È una dote naturale quella di Alessandra Monasta, una capacità di creare empatia istantanea restando in ascolto. Me ne accorgerò tra poco.

 

Macchina-della-verità

 

Dopo la presentazioni Alessandra racconta un po’ il suo lavoro: ad ascoltarla siamo una piccola platea di addetti ai lavori. A un certo punto chiede se qualcuno abbia qualche domanda. I nostri occhi si erano già incrociati qualche volta e ovviamente ha già capito che la prima domanda gliela farò io. Sembra saperlo da quando ha cominciato a parlare. Avrà notato qualche increspatura nella forza, eredità dello scazzo in coda coi maratoneti di pochi minuti prima.

Mi spiegavi che “Non è quello che ti dicono, ma come te lo dicono”: quali sono i “come” che ti mettono in guardia e ti fanno intuire che c’è qualcosa che non va?
È l’incongruenza fra il contenuto di quello che viene detto e l’emozione che trasmette la voce. Un ritmo troppo accelerato o che improvvisamente rallenta con molti intercalare. Per esempio le pause di silenzio raccontano un mondo molto più di quello che non siamo abituati ad immaginare ed ascoltare.

Come ti sei accorta del tuo talento?
Quando ascoltavo i miei genitori litigare da bambina, all’inizio delle elementari. Scrivevo temi lunghissimi, in cui raccontavo tutto quello che sentivo, e sapevo che avrebbero dovuto dividersi, glielo dicevo, lo capivo già allora quando litigavano. L’hanno fatto dieci anni dopo.

I bambini hanno un talento particolare per intuire le emozioni
Con i bambini stavo e sto meglio, sono più diretti degli adulti, le emozioni escono senza filtri. I bambini rispondono di pancia e sono molto più in contatto con le emozioni, non hanno ancora le nostre sovrastrutture a condizionarli. Da adulti sarebbe utile fare un lavoro di esplorazione e consapevolezza che ci permetta di tornare alla spontaneità.

Perché a un bel momento smettiamo di comportarci come i bambini?
Veniamo fin da piccoli riempiti di “dati”, “informazioni”, che creano dei filtri con noi stessi e verso l’esterno. La cosa peggiore è che spesso quella che crediamo possa essere una maschera che indossiamo per gli altri invece è prima di tutto un velo con noi stessi.

 

polygraph-004

 

Come convive un talento come il tuo nella vita di coppia?
In fondo, siamo tutti uguali. Uomini e donne. Il problema è quando la donna diventa pallosa e l’uomo scappa. Nel 90% dei casi è così. Ma perché va così? Perché filtriamo le emozioni dal cervello, basterebbe essere più autentici, e molti dei problemi successivi sparirebbero.

Quali sono le fragilità umane in cui ti imbatti più spesso?
La fragilità che incontro spesso e riconosco in ognuno di noi, me compresa, è la necessità di mentire o nascondere qualcosa per il bisogno di mostrare solo la parte migliore di noi.

Mi dicevi che lavori anche nel mondo del calcio come counselor: di che cosa hanno bisogno i calciatori di oggi?
Di avere centrate tutte le parti di sé: lavorare solo sulla preparazione fisica, tecnica e tattica senza un percorso di crescita personale, se in un primo momento può funzionare, a lungo andare diminuisce il risultato della performance. La gestione dello stress e delle aspettative nelle fasi del pre-gara, nella partita e nel post-gara, il rapporto con la squadra e il Mister, vanno a sommarsi alla pressione personale fatta di un delicato equilibrio fra il sogno e il sacrificio. Alla base non dovremmo dimenticare che ci sono persone. Da potenziate, sostenere, e formare.

Il tuo lavoro ha una componente umana cruciale: esistono software in grado di emulare il tuo lavoro?
Per fortuna no, ancora abbiamo come esseri umani qualcosa di splendido e unico che non è ripetibile da un computer.

Ma quindi siamo tutti intercettati? Lo so che no, ma dimmi anche tu
No, anche per una questione di costi. Intercettare costa molto. Non è un lavoro da fare soli, né da fare otto ore al giorno. Quattro ore di vita altrui sono già un bel peso. Ma capita tranquillamente di doverci lavorare dodici ore.

Le bugie hanno sempre le gambe corte?
No. A volte sono lunghe e se lo diventano troppo sono difficili da gestire e ricordare, perché credendo di averla fatta franca si rincara la dose e ci si distrae: per cui si inciampa prima.

COSA NE PENSI? (Sii gentile)

TENIAMOCI IN CONTATTO
>
Iscriviti alla newsletter, niente spam, solo cose buone
>
CORRELATI >