Quando si parla di porno, mi sembra di vedervi che distogliete lo sguardo e che arrossite come suorine al primo giorno di campeggio. Il fatto però è che, almeno una volta nella vita, tutti hanno guardato un film nel quale gli esseri umani si accoppiano senza un perché.
Una menzione particolare va a quelli dell’epoca d’oro della pornografia, quella degli anni 60/70, in cui c’era ancora una certa cura per i dialoghi (“Salve bell’uomo, ho un tubo che perde” – “Lo ripariamo subito” e poi via a copulare come bonobi), per la trama (un uomo porta una pizza a domicilio, apre una ragazza in sottoveste, la ingroppa) e soprattutto per il design d’interni, per gli arredi e gli accessori sul set.
In questa galleria di Flashbak è possibile trovare sfarzo e ricerca armonica fuori dal normale, sembra infatti di abitare le visioni di alcuni pittori surrealisti pieni di droga.
Andiamo a vedere, uno per uno, gli scenari dei porno vintage giusto un momento prima della situazione:
FONTE | flashbak.com
Una threesome di sicuro gusto: lo scarsocrinito alla sinistra è nato senza spalle, la ragazza gongola col fai-da-te ed il cantante di un gruppo indiefolk la mena coi suoi pezzi. Ma soffermiamoci sull’arredamento: in effetti, anche se poteva apparire assurdo, c’è una foto di due bambini che si baciano incastonata dentro una cornice che in realtà cela il copri tazza del cesso di legno.
Doppia coppia coi baffi, le gemelline bionde ai margini ed i ragazzoni che si desiderano vicendevolmente. Fosse questo il problema… lo scenografo ha insistito per combinare alle pareti quadri di art decò, poster di cantanti anni ’80 tra cui riconosco la bella Kim Wilde e un giovane Fausto Leali (ma qui ipotizzo) con una stampaccia coi fiori presa in sconto al Conad.
L’uomo in mezzo a due dame fa la figura del salame? Dipende, poiché Basettoni ha puntato il retrobottega della signora, mentre Margaret Thatcher sta a guardare. Accanto alla Lady di Ferro, un orsetto gigante di quelli che è impossibile vincere al luna park, un poster del Giubileo, un candeliere gotico e un dildo robotico nero.
Scena saffica con sguardo rivolto ai nerd al piano di sopra. Per via della crisi, le due coppie vivono in stanze alte 70 cm, ma fortunatamente sono provviste di radio sveglia in metallo al posto dei più comodi cuscini. Dice fa bene alla cervicale. I due sopra intanto fumano oppio e al sesso non ci pensano nemmeno.
Una selva di piante da ufficio. Come minimo il ragazzino di 14 anni è il megapresidente ereditario. La cameriera intanto gli fa comprendere che forse è meglio smetterla di dare il ramato, perché le piante si stanno portano via tutto l’ossigeno e che presto prenderanno il controllo della corporation.
Tantissimi colori. La scena più vecchia del mondo: “Vieni qui che ti faccio vedere le foto della gita” e poi vai col liscio. Tra bevande illegali e carta da parati da brividi, spicca la testa originale di Nefertiti, portata all’interno della stanza perché viziosa anche da morta.
Ah, la bella storia di Cenerentola… che in questo caso è interpretata dalla meretrice di Babilonia che tenta di farsi il biondo biondissimo, il quale pare visibilmente in paranoia. Sarà forse per quella macchinina che reca in bella mostra come soprammobile? Oppure per aver fatto accomodare la sgualdrina sopra una poltrona di carta di giornale e vinavil?
Pensiero stupendo. Dimenticarsi queste acconciature lo sarebbe.
Finalmente un po’ d’azione, tranne per il ragazzo all’estrema sinistra che continua a raccontare la sua barzelletta, nonostante a nessuno, ormai, freghi più un cazzo di niente. Magari sarebbe stato meglio non mostrare alcuni bassorilievi rubati dall’ultima visita in Giordania, che abbinati alle tazze tirolesi e al tappeto proto Ikea sono una botta al cuore.
Acconciature impossibili, stanza all black, quadri che suggeriscono il sesso, la tovaglia dell’asilo, i bicchieri contenenti bevande radioattive, un orribile vecchio all’estrema destra, che fa la combo con la ragazza dalla testa deforme a sinistra.
Ragazze che stanno per fare le situazioni, in un angolino Ikea perfettamente riprodotto, se non fosse per la maschera del maiale Malocchio, che proprio bene non porta.
“Dai, ora che vi siete conosciuti, ditemi che ne pensate delle mie nuove tende sobrie.” – “Cazzo mene, togliti che qui bisogna scop.” Furono le ultime parole del povero Enzo, che fu ucciso dalla caduta del lampadario in dura ghisa, che gli prese precisa la testa, sulla quale fu posizionato per chiaro errore dello scenografo.