Society
di Marco Villa 6 Settembre 2016

La Cybercondria ti fa cercare sintomi su Google e ti fa buttare soldi inutilmente

È capitato a tutti di cercare informazioni su un mal di gola e finire per trovare diagnosi di malattie gravissime

cybercondria-2 Flickr Mattza

 

Una delle peggiori abitudini online: andare a cercare a cosa potrebbero essere dovuti sintomi di qualsiasi tipo. Dal dolorino al collo, passando per quel mal di testa troppo strano, finendo al più classico dei dolori intercostali. La procedura è sempre la stessa: prima la ricerca, poi l’approdo su Wikipedia, che in questi casi si rivela completamente inutile. E allora ci si inabissa sempre di più nei risultati di Google, partendo da pagine che dicono “non è niente” e finendo a quelle che garantiscono la morte entro pochi giorni. E ovviamente, di fronte a questi rischi, cosa si fa? Chiaro: si va dal medico, ma spesso non da quello di base. No, si prenota direttamente da uno specialista, magari a pagamento, per non dover aspettare dieci giorni. Del resto cosa sono 100 euro di fronte al rischio di lasciare questa valle di lacrime entro poche ore?

Se vi siete riconosciuti in queste abitudini, non siete soli: si tratta di un comportamento tutt’altro che isolato, che ogni anno fa spendere tantissimi soldi in accertamenti non necessari. Un articolo pubblicato da Quartz rivela che nei soli Stati Uniti ogni anno vengono spesi oltre 20 miliardi di dollari in esami e visite che si potrebbero tranquillamente evitare, spesso motivate da ricerche online simili a quelle che abbiamo descritto. Non è raro, infatti, che i pazienti si presentino dal medico con tanto di diagnosi stampate da internet. Del resto è la stessa Google a dichiarare che l’1% delle ricerche effettuate è a tema medico: e l’1% è un numero gigantesco, si parla di milioni e milioni di ricerche.

 

cybercondria-1 Flickr Images Money

 

Come riporta Quartz, si tratta di comportamenti talmente codificati da aver portato alla nascita di un neologismo per descriverli: Cybercondria. Una geniale intuizione che risale al 2001 e che è stata approfondita negli anni successivi, quando un gruppo di studiosi ha compiuto una ricerca sulla correlazione tra ricerche online e aumento di ansia legata a motivi di salute. In un campione di oltre 500 intervistati, il 90% ha dichiarato di partire da ricerche che danno risultati in qualche modo rassicuranti, finendo a diagnosi catastrofiche.

Tutti dati che si riferiscono agli Stati Uniti, ma in Europa e in Italia non siamo molto lontani: basti pensare che il internet viene considerata dagli italiani la terza fonte più consultata dopo medico di base e specialisti, ma prima del farmacista. Condannati alla cybercondria.

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