Il fatto che abbiate battesimo, comunione e cresima sulle spalle non fa di voi delle persone migliori. Detto così, è un concetto ingiusto – un po’ come dire che tutti gli atei sono delle brutte persone – ma cosa succede se si prova a calcolare, in base alla fede o meno, come si distribuisce l’altruismo tra grandi numeri di persone? Un gruppo di ricercatori dell’Università di Chicago ci ha provato, e i risultati sono decisamente controcorrente.
“In passato alcune ricerche hanno dimostrato che le persone religiose non sono poi così propense a fare più bene di quanto non facciano le non-religiose,” dice il neurobiologo Jean Decety. “Il nostro studio si spinge oltre, dimostrando che le persone religiose – non solo gli adulti, ma anche i bambini – sono meno generose.”
Secondo gli ultimi dati, al mondo sono 5.8 miliardi le persone che si dichiarano religiose. Un motivo in più per porsi delle domande serie sul legame tra moralità e religione. Secondo l’Università di Chicago, chi ha fede è più incline a richiedere punizioni esemplari per chi commette delle malefatte, ma non è altrettanto energico nel dimostrare atti di generosità incondizionata. Insomma, per dirla in modo molto banale: predicano bene ma razzolano male.
La ricerca di Decety ha cercato di valutare l’influenza negativa della religione sull’altruismo di 1100 bambini dai cinque ai dodici anni tra Chicago, Toronto, Amman, Istanbul, Città del Capo e Guangzhou. Il test della “generosità” non era altro che un gioco strutturato così: ai bambini veniva chiesto di visionare 30 figurine e condividerne un certo numero con altri compagni di scuola anonimi, in modo tale da ridurre eventuali pregiudizi non misurabili. La maggior parte dei partecipanti si identificava come cristiano, musulmano o non-religioso, ma c’erano anche minoranze di religione ebraica, buddhista, induista e agnostici.
Inutile dirlo: chi teneva per sé un numero elevato di figurine era considerato poco altruista. Niente di eclatante, ma i ricercatori si sono messi a macinare un po’ di dati statistici nel tentativo di trovare una correlazione tra la religiosità e l’altruismo. I valori che saltano fuori dalla ricerca di Decety non sono affatto un punteggio di generosità da associare a ciascuna persona – ecco, dimenticatevi cose tipo il livello di combattività che leggevano i visori di Dragon Ball. No, qui è in ballo qualcosa di più importante.
“Il fatto che la religiosità abbia una associazione positiva con il self-control e la moralità è considerato una nozione comune” dice Decety. “Sfortunatamente, questo modo di pensare è insito in modo così profondo che le persone non-religiose siano considerate moralmente sospette. Per esempio, negli Stati Uniti, gli individui non-religiose hanno poche possibilità di essere elette in posizioni politiche di rilievo, mentre chi si identifica come agnostico e ateo è considerato poco degno di fiducia e più incline a essere amorale o addirittura immorale.”
C’è un ultimo dettaglio da tenere in considerazione: la “religiosità” dei bambini partecipanti allo ricerca di Decety è stata valutata sulla base delle dichiarazioni dei loro genitori e da alcuni indici di partecipazione alla vita religiosa in casa e nella comunità. Crescendo, si sa, le cose spesso cambiano.