Potessimo incontrare noi stessi a vent’anni, cosa avremmo da dirci? Questa rubrica Ivan Carozzi l’ha chiamata “lo sport estremo dell’autoanalisi” e come definizione ci piace moltissimo: “Avessi vent’anni” esce ogni venerdì. Qui ci sono tutte le puntate precedenti.
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È domenica mattina, mi alzo con calma, la sera prima ho bevuto anche un po’, ma non ho nessun racconto epico da hangover. A Roma sono giorni di primavera anticipata, così quando esco a fare colazione mi accorgo che il cappotto è troppo e verso mezzogiorno ho la tentazione di rimanere in maniche corte, però resisto. Mica sono una turista americana.
Potevo restarmene a Berlino forse, ma una primavera così, a metà febbraio, dove la trovi? e insomma, rigirando il cucchiaino nel cappuccio è giunto anche per me il momento di compiere trent’anni.
La prima cosa che penso di dirti, Chiara ventenne, è che a trent’anni ti sentirai molto più libera e molto meno forzatamente saggia di dieci anni fa. Ricordati, la benedizione dei ragazzi “maturi” che a vent’anni ne avevano già trenta è che a trenta ne hanno venti per le cose belle, e trenta per le responsabilità inevitabili.
Sono uno strano concentrato di soddisfazione e inadeguatezza, libertà sessuale e romanticismo, vivono solo attraverso le loro contraddizioni, e senza, senza sentirsi “strani” certe mattine casalinghe mentre svuotano la lavatrice, senza il “mi manca qualcosa” pronunciato a scadenza regolare di fronte a qualche loro pari, si sentirebbero persi. Ci sono molte cose che già sai di volere. E altre che non vuoi e non vorrai, ma ancora lo devi capire.
Hai vent’anni e sei nella città perfetta per ogni pischello della tua età, Bologna. Passeggi per via Zamboni – è la tua Camden Town – ti senti al centro del mondo e senti che tutto può accadere. Allora, lascialo accadere.
Segui l’istinto: sei sempre stata una persona indipendente, tanto amante della compagnia quanto della solitudine. Vai all’estero, subito, alla prima occasione, e restaci un po’. Non aver paura di perdere chi rimane in Italia, ti aspetterà o ti seguirà. O là troverai di meglio. Studia, ma osa di più: presentati agli esami con più leggerezza, anche quando non sai tutto perfettamente.
L’amore, non metterlo troppo al centro, non renderlo troppo serio: non aver paura di perdere la tua libertà, non aver paura di chi ti dice che sei bella, credigli, diventa un po’ vanitosa, perdio.
Sei sempre troppo equilibrata, troppo orgogliosa, troppo attenta a sostenere tutti: accompagni a casa sempre l’amica sbronza, la consoli e le dici che no, nessuno se n’è accorto quando ha tentato di fare pipì nel lavandino della padrona di casa. Sii tu, l’amica ubriaca. Lasciati andare di più, che tanto quando lo fai non hai nemmeno paura di barcollare sul ponte di Stalingrado con la nebbia, alle 4 di mattina.
Scrivi e non tenertelo per te, consuma la tastiera, l’agenda, fatti leggere: sarà l’unica cosa che ti salverà, sempre e soprattutto negli anni a venire. Imparerai che il tuo entusiasmo, la tua capacità di iniziativa, il tuo ignorare totalmente la paura di iniziare qualcosa saranno le risorse fondamentali per il tuo lavoro, anche quando pioveranno porte sbattute in faccia e tu ci riproverai sempre, e tornerai a piangere bevendo una Peroni con qualche amico, ma solo per una sera, il giorno dopo ricomincia la ricerca.
Impara la calma, un po’ di pigrizia giovanile, un po’ di fancazzismo: impara ad aspettare, a procrastinare quando serve, a non dare tutto subito, non avrai la delusione di essere sola in mezzo al mare.
(Mica l’hai imparato adesso, eh. Era un tentativo in extremis).
Prendi quell’aereo per Parigi, vallo a trovare, che poi te ne pentirai.
Nelle puntate precedenti