In attesa di sapere cosa ne sarà del loro futuro, sono sempre di più le imprese che decidono di riconvertire la loro produzione per rendersi utile durante la crisi. Anche le aziende della moda scelgono di sostenere la lotta contro il virus, producendo il materiale che manca e, in molti casi, donandolo gratuitamente alle strutture sanitarie in difficoltà.
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Tra le prime iniziative, il gruppo Miroglio (attivo nel settore tessile da 70 anni e comprende marchi come Fiorella Rubino, Motivi e Oltre, Elena Mirò), ha avviato la produzione di mascherine chirurgiche in cotone idrorepellente ed elastam, lavabili e riutilizzabili almeno dieci volte.
Il gruppo Calzedonia, già dal 23 marzo, aveva riconvertito alcuni dei propri stabilimenti alla produzione di mascherine e camici. Grazie all’acquisto di macchinari speciali per la creazione di una linea semi-automatica e formando le cucitrici al nuovo tipo di produzione, Calzedonia ha prodotto 10.000 mascherine al giorno nella fase iniziale. La conversione dell’azienda in questo senso ha permesso la distribuzione di mascherine a partire dal 23 marzo. Le prime, donate all’ospedale di Verona e al comune di Verona, città madre dall’azienda dal 1986.
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H&M, Zara e Mango, tre tra i grandi della moda low cost, utilizzeranno l’intera catena di approvvigionamento, comprese le fasi di acquisto e logistica, per produrre dispositivi di protezione individuale da fornire agli ospedali. Zara ha già donato 10 mila mascherine e il ritmo previsto dovrebbe essere di 300mila pezzi a settimana. Mango donerà 2 milioni di mascherine nei prossimi giorni.
Tra gli altri marchi che stanno operando nella stessa direzione dei sopra citati, ricordiamo anche Pellemoda, DROMe e il gruppo Plissè. Per non parlare, poi, di Gucci, Prada, Fendi, Valentino, Armani, Ferragamo e gli altri big: tutti uniti nella creazione di una rete solidale contro il Coronavirus.
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Gucci, su spinta della regione Toscana, donerà oltre 1.100.000 le mascherine chirurgiche e 55.000 camici. Prada, invece, dal 18 marzo produce camici e mascherine da destinare al personale sanitario della Toscana. Il gruppo aveva anche donato due postazioni complete di terapia intensiva e di riananimazione agli ospedali milanesi Sacco, San Raffaele e Vittore Buzzi.
Il Gruppo Armani converte tutti i suoi stabilimenti italiani nella produzione di camici monouso destinati agli operatori sanitari. Nelle scorse settimane, inoltre, Giorgio Armani aveva donato a favore della Protezione Civile e degli ospedali Luigi Sacco, San Raffaele, Istituto dei Tumori di Milano e dello Spallanzani di Roma. Armani ha deciso di dare il suo contributo anche all’ospedale di Bergamo, Piacenza e a quello della Versilia, arrivando a una donazione complessiva di 2 milioni di euro.
Una grande gara di solidarietà che sancisce un momentaneo stop, quindi, alla produzione dell’abbigliamento per la moda primavera-estate 2020, anche perché, per la maggior parte di noi, il pigiama è l’unica via per affrontare queste giornate e l’estate è ancora lontana, ma arriverà.