In Italia, il social deputato alla polemica è di sicuro Facebook. Su Twitter si litiga velocemente, su Instagram ci si fa belli ma se c’è da imbastire un dissing di quelli seri, con un milione di commenti e condivisioni piene d’astio, allora Facebook è il luogo della tragedia annunciata.
È capitato a tutti di parlar male di qualcosa o qualcuno sul social più amato dagli italiani, magari postando un articolo che ci ha fatto arrabbiare o peggio, il quale viene poi condiviso dai nostri contatti anch’essi arrabbiati e alla fine la nostra bacheca risulta piena degli stessi contenuti che, nella realtà dei fatti, non ci piacciono.
Non è certo una novità che l’editoria web al momento sia alimentata dall’odio e che i contenuti altri, che tentano di imporsi nel mare magnum di guano che appesta le nostre letture quotidiane, non ce la facciano ad arrivare a un vasto pubblico. Come il dibattito politico sui social vive più di distruzione che di costruzione, così tutti gli argomenti trattati dalla vasta umanità che nutre e si serve dei social sono in gran parte notizie o opinioni create per fare polemica.
STOP MAKING STUPID PEOPLE FAMOUS recita un famoso murales attribuito a Plastic Jesus e diventato meme che gira in varie forme anche sui social e che potrebbe essere la chiosa dell’argomento in questione, perché di base sui social non importa che una condivisione sia data dalla stima o dal disgusto, è il numero che conta. Lo diceva un edonista come Oscar Wilde che bene o male, l’importante è che se ne parli, mentre ad un visionario come Andy Warhol pare sia attribuita la paternità della profezia secondo cui nel futuro tutti avrebbero avuto 15 minuti di gloria. È ciò che sta accadendo ma spesso accade alle persone sbagliate, per le ragioni sbagliate.
Le regole auree di Facebook dovrebbero essere poche ma significative, e seguendole potremmo davvero sperare in una nuova grammatica, non solo letterale, dello strumento.
1) Se non ti piace non condividerlo
2) Se non ti piace non commentarlo
3) In ogni caso controlla la fonte
4) Se non conosci un argomento non esprimere la tua opinione
5) Se conosci l’argomento, leggi l’articolo o il post per intero prima di prima di esprimere la tua opinione
6) Sii gentile perché l’offesa sui social è equiparata a quella a mezzo stampa in sede legale
Una volta mandare a memoria queste regoline facili facili, potremmo costruire qualcosa di rilevante, dando più spazio a giornalisti che svolgano il loro mestiere senza cercare a tutti i costi la polemica come unica possibilità di monetizzazione della professione, dando spazio a contenitori che vogliano lanciare contenuti e messaggi, invece di piegarsi alla logica sterile della ricerca dell’odio.
I tanti articolisti del web si trovano spesso a pensare a come trattare un certo argomento e sanno bene che virare tutto al negativo funzionerà di più, sarà più condiviso dai lettori, genererà più dibattito.
Questo standard andrebbe invertito se non vogliamo leggere solo storie che ci fanno salire la pressione, ma gli articolisti e gli editori da soli non ce la possono fare. È la legge della domanda e dell’offerta, nessuno venderebbe ghiaccioli al Polo Nord così come in pochi possono permettersi di invertire la tendenza e pubblicare storie costruttive, che parlino di passioni e non di ulcera, perché non riescono ad arrivare al pubblico che ha bisogno del circo e del sangue.
Dunque, fedeli lettori, smettete di condividere dei contenuti che non vi piacciono, solo così potrete leggere ciò che vi piace.