Ho da poco compiuto 33 anni, vivo a Milano da quindici e da tre sono single, vivo una vita da tipica milanese piena di impegni fatta di otto ore davanti ad un computer seduta ad una scrivania, lavori da freelance che mi rubano sere e week end e un corso di crossfit come ciliegina sulla torta. Ho poco tempo per conoscere nuove persone e questo significa che la mia vita sentimentale somiglia a Milano il 15 agosto, un deserto. Sono una perfetta potenziale tinderella, il ritratto preciso del tipo di donne che scelgono di usarlo per la mancanza di tempo, la voglia di uscire con qualcuno, il sentirsi apprezzate, meno sole o semplicemente in cerca di sesso facile e senza complicazioni.
Le motivazioni per usarlo sono molteplici e tutte assolutamente condivisibili, dopo giornate dove il massimo del contatto umano è il grugnito di una cassiera con i baffi e la cosa più profonda di voi che avete condiviso è uno status di Facebook sul meteo è comprensibile che si abbia voglia di qualcosa di più e la possibilità di averlo a portata di smartphone è allettante quanto poter avere della pizza buonissima in meno di venti minuti. Insomma a tutti piace la pizza, giusto?
Nonostante tutte le motivazioni elencate, i lunghi periodi di magra emozionale e le sere invernali passate a guardare tutte le serie TV che l’uomo ha scritto, sono una di quelle che ha deciso di non utilizzarlo. Intendiamoci, so come funziona, l’ho scaricato una volta per dieci secondi ma l’ho disinstallato con la stessa velocità, mi è bastato sfogliare il catalogo delle figurine per farmi assalire dalla tristezza, siamo veramente diventati la semplificazione del nostro profilo facebook? Siamo delle figurine senza nessun tipo di anima? Senza un tono di voce, un odore o un modo di camminare e muoversi?
Mi sono sentita depressa come David Foster Wallace ad Harvard, come se il mondo stesse andando in una direzione a me incomprensibile, non codificabile. Se gli uomini possono chattare con un numero N di donne, vederle nella vita vera e cancellarle con la stessa velocità quando li hanno stufati perché dovrebbero avere voglia di uscire con me che richiedo uno sbattimento maggiore? Inoltre se un uomo esce con me e nel frattempo si sta sentendo con un numero X di donne, perché dovrebbe essere concentrato su di me come io sono concentrata su di lui? Quindi la capacità di un uomo di provarci con una donna nella vita vera diminuisce propozionalmente al suo uso di Tinder? Così la sua attenzione? La mia possibilità di ricevere un invito a cena da un uomo è dunque pari o vicina allo zero?
Con queste domande nella testa ho deciso di compiere la mia personale indagine sull’argomento, volevo capire se fossi rimasta la sola a non utilizzare la tecnologia per copulare e se il sesso maschile fosse compatto e completamente devoto al catalogo dell’amore facile e quindi la mia vita sentimentale e i miei sogni romantici spacciati. Ho fatto la cosa più semplice, ho chiesto ai miei amici che cosa ne pensassero, il primo con cui ne ho parlato è stato G.T. consapevole delle sue conoscenze sull’argomento:
«Mi sono iscritto a Tinder dopo la fine di una storia durata 5 anni, potrei dirti che mi ha iscritto una mia amica, che sono solo di passaggio, che io non volevo, che… in realtà mi sono iscritto forse un po’ per curiosità ma soprattutto perché nella vita reale non riuscivo più a incontrare nessuna ragazza. Al lavoro? Tutte sposate o fidanzate. In palestra? Vado per allenarmi. Le uscite? Sempre con gli stessi amici, sempre gli stessi posti. Viaggio con Avventure nel Mondo e faccio la spesa all’Esselunga di Viale Papiniano ma anche lì niente. Le amiche di amici? Ci ho provato ma senza successo. Mi iscrivo ad un corso di cucina o ad un corso di fotografia? Ma anche no o almeno non per rimorchiare, e allora a 37 anni cosa faccio? Mi iscrivo a Tinder, in fondo lo fanno in molti, in fondo ne parlano quasi tutti, in fondo non toccherò il fondo».
«Mi sono iscritto a Tinder per uscire dal guscio e mi rendo conto che non riesco ad uscire da Tinder perchè in fondo sono finito in un altro guscio, tutti cercano una comfort zone e Tinder te la dà, come un comodo divano dopo una giornata stressante. Poi però ti rendi conto che le facce che vedi sembrano tutte uguali, che il ciaocomestaicosafai è sempre lo stesso e che forse sei solo finito dentro un grande frullatore, che fa andare le cose piu veloci, che rende tutto piu liquido, ma forse tremendamente prevedibile e noioso, in attesa di una nuova app che mi ri-insegni come andare a conoscere una tipa in un bar, invitarla a cena e magari regalarle un mazzo di fiori. ps: mi sono iscritto anche ad Happn per non farmi mancare nulla, un Tinder più sofisticato, ti incontri (forse) nella realtà, ti rincontri su una app e poi si riparte ciaocomestaicosafai».
Sembra un cane che si morde la coda: la vita vera è piena di tempi morti, i social aumentano la velocità dei contatti ma alla fine tutto diventa prevedibile e noioso, sembra un po’, per riprendere l’esempio della pizza home delivery, come quando la ordini a casa perché non hai tempo di andare in pizzeria ma poi quello che ti arriva è una pizza gommosa e fredda, una versione sbiadita di quella calda e appena sfornata. Mi convinco ancora di più che le cose buone richiedano un grado proporzionale di sbattimento, ma continuo ad indagare e questa volta chiedo ad una donna, G.S.
«Io me lo sono fatta da pochissimo, l’ho usato tanto per tipo due settimane e ora non lo sto più guardando. Usato tanto intendo che la sera prima di dormire mi spulciavo le foto stile figurine, ho messo qualche like, ma appena c’era il “match” e mi scrivevano in chat andavo in panico e non rispondevo quindi non ho mai poi beccato nessuno di persona.
Poi questo tizio invece mi ha aggiunta su Facebook (ho Tinder collegato con Instagram quindi ha trovato nome e cognome lì) e abbiamo iniziato a scriverci. Credo che se entro pochissimo tempo non trovo il coraggio di uscirci e conoscerlo di persona probabilmente mi scenderà tutto e non gli scriverò più e questo è l’aspetto brutto della cosa: scrivi e magari condividi anche pensieri intimi e poi basta che “chiudi” o “cancelli” e finisce lì oltre al fatto che spulciare le foto come figurine è tremendo. Su 50/60 like che ho messo a queste “figurine”, questo è il primo con cui parlo e quindi: in base a cosa ci parli? Parli a tutti e poi chi non risponde più lo elimini? O non parli a nessuno e aspetti l’illuminazione divina per scegliere quello con cui parlare? Fa un po’ spavento come cosa, ma forse nella vita reale è uguale ormai? Prima non era così nemmeno nella vita reale, ma ora forse l’enorme fast food è anche nella vita reale in generale, conosci uno al volo una sera, lo scegli tra mille per l’aspetto fisico di solito e se non risponde più ai messaggi o alle chiamate finisce lì».
Effettivamente anche nella mia vita fuori dalle app di incontri noto che la capacità delle persone di sparire è decisamente aumentata con l’aumentare delle tecnologie, una volta il tuo compagno di banco ti chiamava a casa, oppure eri tu a chiamare casa sua con il cuore nel petto che batteva come quello di un pettirosso finché sua madre rispondeva al telefono per dirti che lui non era in casa. Quindi la morte del mistero uccide l’erotismo? Come quando finisci in una spiaggia per nudisti e comprendi che è molto più erotico avere un costume? Cerco nuove risposte e chiedo delucidazioni al mio amico G.M. che mi confessa di non averlo mai usato proprio per questo motivo e mi spiega perché ha deciso di non farlo
«Non uso Tinder perché rende negoziazione la conquista, certezza il rischio, pornografico l’erotismo. E poi perché – forse fortuna mia – scopo già abbastanza. Tinder, inoltre, è uno strumento etichettante e rende palese il mio desiderio a tutti coloro che mi stanno intorno, quando al contrario sinceramente vorrei che dormissero ancora più a fondo ignari delle vite altrui e soprattutto della mia. Per finire, Tinder è un nome del cazzo, sembra uno di quei nomi rispettosi di tutto. Sembra il nome di una marca di assorbenti, politically correct. Mi ricorda anche Kinder. Tinder. Kinder. Tinder. Kinder. Ma qui di sorprese non ce ne sono mai».
Tiro un sospiro di sollievo, ancora esiste qualche uomo che crede sia possibile un mondo dove la conquista non è negoziazione, ancora in grado di parlare con una donna e invitarla fuori, di alzare la testa quando viaggia sui mezzi pubblici e guardarsi in giro. Mi sembra che tutti si stiano trincerando dietro delle scuse comode, che nessuno voglia fare il minimo sforzo e che non si sappia più godere dell’attesa, del silenzio, dei momenti in cui nulla succede, siamo talmente bombardati da stimoli continui che non riusciamo a fermarci, abbiamo il terrore di rimanere da soli, di non avere conferme fuori da noi, di non avere nulla da raccontare alle cene con gli amici.
Vorrei che gli uomini non si piangessero addosso e imparassero a uscire dal guscio e incassare due di picche nella vita vera a recuperare la sicurezza che avevano quando al liceo ci sfottevano e sapevano accettare dei no per tornare il giorno dopo all’attacco. Non sono uscita con molti uomini nell’anno appena trascorso ma uno degli ultimi con cui sono uscita mi ha bloccata al bar, ci eravamo già incrociati in altri posti perché alla fine Milano è piccola ma io non sapevo il suo nome e lui non sapeva il mio, mi ha offerto un caffè, abbiamo scambiato poche parole, mi ha fatto ridere, l’ho fatto ridere e mi ha chiesto «Che cosa fai questa sera?» Quando tempo dopo gli chiesi perché mi aveva invitata mi rispose «Avevo voglia di parlare ancora con te, mi piaceva quello che ci eravamo detti e come avevi riso».