Nel panorama delle innumerevoli produzioni dedicate ai supereroi Marvel e DC, finalmente assistiamo alla nascita di Legion, una vera serie tv con i superpoteri che non si limita a raccontare e mostrare le vicende del mutante di turno, ma lo fa lasciando che il fantastico, la meraviglia e la potenza del suo protagonista invadano senza paura l’impianto visivo dello show. Legion è una serie FX prodotta in tandem con Marvel Television ed è ideata da Noah Hawley, lo showrunner di Fargo. Ben lontano dall’essere un mero spin off della saga X-Men, Legion ne segue parzialmente l’evoluzione, raccontando la storia del figlio di Charles Xavier, David Haller, che nel primo episodio vediamo ricoverato in un ospedale psichiatrico con la diagnosi di schizofrenia.
Mentre David, interpretato dal delizioso Dan Stevens, viene guidato alla scoperta dei suoi poteri, si scopre che nella sua testa c’è tutto un universo di possibilità e Hawley si diverte proprio nel farcelo esplorare, giocando con le più coraggiose tecniche multimediali. Procediamo per punti, perché nella testa di David c’è il forte rischio di perdersi e non riemergere più.
Il protagonista
David Haller viene internato in ospedale psichiatrico dopo un tentativo di suicidio. Ai medici racconta di sentire voci in continuazione e di riuscire, talvolta, a controllare gli oggetti con l’uso della mente. Gli viene diagnosticata la schizofrenia, ma l’entrata in scena di un team di mutanti tenterà di spiegargli che i suoi problemi derivano dal suo immenso potere di telepate, ereditato dal padre. Nel filone sei supereroi fragili e perduti Legion non sarebbe di per sé una novità, visti i precedenti come Jessica Jones e Iron Fist, ma nel quadro clinico di Haller si inserisce la stuzzicante variante della malattia mentale, che semplicemente aggiusta il tiro dalla schizofrenia al disturbo di personalità multipla.
Il villain
Una delle componenti più rinfrescanti di Legion è, infatti, il suo antagonista, personaggio forse ancor più sfaccettato e interessante dell’eroe. Il “parassita” che abita nella testa di David è un mutante che si nutre della sua energia e che ha imparata nel tempo a raggirare la sua preda, assumendo forme diverse e fuorvianti. Ecco che abbiamo la prima innocua incarnazione nel cane King, seguita dalla conturbante e sensuale versione che ha il volto di Audry Plaza, strepitosa e allucinante fino alla fine della serie. Dall’infanzia di David emerge anche la versione inquietantissima del “bambino più arrabbiato del mondo”, per sfociare finalmente nella forma più disturbante di tutte, quella del mostro bitorzoluto che tenta di prendere il completo controllo sul corpo del protagonista.
La trama
Oltre all’utilizzo dell’alternanza tra diversi piani temporali, Legion gioca a piene mani anche con la divergenza tra tempo della storia, quello che segue il normale corso cronologico degli eventi, e tempo della narrazione, quello che può permettersi di raccontare un episodio di 10 secondi con 20 minuti di scene. Avete presente la teoria sul testo narrativo che ci insegnano alle medie? Noah Hawley ne ha fatto tesoro e la sfrutta per farci navigare nella mente di David, tra piani astrali e ricordi, mentre i corpi dei personaggi sono congelati nell’immobilità del tempo umano.
Le scenografie
L’immaginario di riferimento per il design e i costumi di Legion è un misto tra modernità e retrò anni ’60, influenzato in maniera evidente dall’estetica di Stanley Kubrick. Luci, fotografia, abiti e arredamento concorrono a rendere esotico e vintage tutto l’impianto visivo della serie, grazie alla sapiente opera dello scenografo Michael Wylie, che padroneggia i sixties già da Masters of Sex.
La musica
La dedizione ai riferimenti vintage si nota nell’elaborazione della colonna sonora di Legion, per la quale Hawley ha deciso di basarsi sull’album “The Dark Side of The Moon” dei Pink Floyd. In onore della band viene battezzata anche la mutante fidanzata di David, Syd Barrett, ma nelle fonti di ispirazione per le musiche della serie rientrano anche i The Who e i Rolling Stones. Seguendo lo spirito innovativo dello show, non mancano momenti in cui la musica si sovrappone alla narrazione e irrompe nel bel mezzo della scena, contribuendo all’atmosfera delicatamente allucinata di questi otto episodi che, decisamente, ci hanno riempito il cuore di gioia.